Massimo Segre e Cristina Seymandi, la telenovela continua. Ennesimo attacco da parte della donna che continua a respingere le accuse nei suoi confronti
Un filmato che, nel giro di pochissimo tempo, ha fatto immediatamente il giro della rete. Tanto è vero che è stato ricondiviso da più utenti. Oramai, nel mondo del gossip, non si sta parlando d’altro se non della vicenda che vede come protagonista il banchiere Massimo Segre e la sua (oramai) ex fidanzata Cristina Seymandi. La lettera letta dall’uomo, in una serata di festa che avrebbe dovuto sancire il fidanzamento ufficiale e poi prossimi al matrimonio, si è trasformato in un momento a dir poco “trash“. Nel corso del testo ha ribadito dei suoi tradimenti, con un presunto avvocato, del viaggio che potrà fare benissimo con il legale e molto altro ancora.
Inutile ribadire che il mondo del web si è diviso: anche se, la maggior parte, ha dato ragione a Segre e si è schierato dalla sua parte. Nel frattempo, però, la donna ha continuato a respingere le accuse e ha giudicato il suo ex fidanzato come una persona che ha rivelato il falso. Questa volta, però, è lei ad aver scritto una lettera. La stessa che è stata pubblicata direttamente dal quotidiano “La Stampa” in cui esprime il proprio pensiero a riguardo di questa vicenda, parlando di “vendetta” programmata “minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo“.
Segre-Seymandi, la lettera completa della donna contro il suo ex fidanzato
Questo il testo della lettera completo: “Rompo il mio riserbo dopo giornate di disagio che mi hanno molto provato. Ieri mattina, aprendo il giornale, ho potuto leggere una lettera di Massimo Segre al direttore di un quotidiano, dove, per l’ennesima volta, la mia vita e il nostro comune percorso insieme erano messe in evidenza a tutta pagina, sulla cronaca nazionale, mescolate nell’articolo, mescolate, nell’articolo, con la pubblicità per le future iniziative imprenditoriali delle aziende del mio ex compagno. Massimo, in quella grande, disorientante, pagina di giornale parla molto di sé stesso: sostiene che “non vi è violenza nell’affermare la verità pubblicamente”, riferendosi alla decisione – quella di mettere in piazza il nostro privato – che forse ha preso, quella sera del 27 luglio, convinto dai discorsi di chi – accanto a lui – non ha mai voluto la nostra felicità, ma ha solo desiderato “distruggere”.
Parla, Massimo – forse con l’intento di attirarsi le simpatie di qualcuno – dell’anello di fidanzamento di proprietà di sua mamma”, il nostro anello fidanzamento, di cui non perde l’occasione di sottolineare il valore materiale specificandone le caratteristiche, anello al quale ero affezionatissima come ad una delle mie cose più care, misteriosamente sparito (guarda caso) da casa nostra 15 giorni prima di quella tristissima serata salita agli onori delle cronache, a riprova, forse, che c’è chi la vendetta la programma minuziosamente, e perversamente, con largo anticipo. Massimo scrive, infine, che “l’amore dovrebbe essere una splendida esclusiva”, affermazione che mi stupisce sentir pronunciare proprio da lui… ma sulla quale preferisco non soffermarmi, perché, a differenza di Massimo.
Io non sento di avere alcun diritto di erigermi nel contempo a giudice e boia degli eventuali errori delle persone con le quali percorro un pezzo di vita, che siano compagni, familiari o amici, emettendo un giudizio definitivo e applicando anche la massima pena, senza peraltro neppure un minimo di contraddittorio. Il motivo per il quale, dott. Brindisi, ho deciso di scriverle, tuttavia, è un altro per rivolgere un appello non a Massimo Segre, ma a tutti gli uomini e donne che in futuro si troveranno nella situazione di poter decidere se divulgare o no fatti privati di una persona, per vendetta, per voglia di riscatto o per “dare la propria versione dei fatti”, ponendo però inevitabilmente l’altro in una condizione di inferiorità, di umiliazione e di dover patire una violenza psicologica.
In questi giorni di enorme pressione, da donna emotivamente risolta e professionalmente affermata, mi sono trovata in molte occasioni, durante le lunghe giornate nelle quali ho cercato di ritrovare equilibrio, e anche nelle notti passate insonni, a pormi un’insistente domanda: ma se tutto ciò fosse invece capitato a una ragazza o ragazzo di 20 anni, a una giovane donna o uomo per mille motivi più fragile di me, cosa sarebbe successo…? Al netto della retorica del “cavaliere senza paura che prende la parola in pubblico per riportare giustizia”, quale sarebbe stato l’impatto sulla vittima destinataria della gogna mediatica? Ci sono stati messaggi violenti, tipici di quella mascolinità tossica che ancora pervade la nostra società: minacce, insulti, epiteti di ogni genere, offese, umiliazioni. E non sono mancate aspre critiche anche da parte di donne. Non voglio drammatizzare, ma le cronache ci raccontano di persone in difficoltà che in situazioni di questo genere possono arrivare a gesti di autolesionismo o, nei casi peggiori, a togliersi la vita, non riuscendo a reagire a una umiliazione e diffamazione pubblica sui mass-media e tramite social e web.
Il signor Segre pone sé stesso al centro di tutta la narrazione: la sua necessità di prendere parola, le sue vere o presunte difficoltà nel forzarsi a farlo, i suoi “valori”, le sue aziende, il suo pensiero… proseguendo con una lunga lista di “aggettivi possessivi al maschile singolare”. Io, sommessamente, vorrei invece allargare lo sguardo, a ciò che il mio ex compagno probabilmente, complice l’ego, non vede: chi sta attorno a noi, il destinatario dello sfogo, chi patisce, soffre, non comprende il perché di tanta umiliazione in pubblico e sul web, e alle persone a quest’ultimo collegate, come i figli, che necessariamente ne patiranno le conseguenze. Inoltre, se questa storia non avesse avuto i social a contorno, si sarebbe consumata tutta in un banale chiacchiericcio cittadino: quanto accaduto sottolinea allora, una volta di più, l’impatto di questi strumenti, e la necessità di una regolamentazione più seria, come il saggio richiamo del Garante della Privacy, l’altroieri, ci ha giustamente ricordato.
Concludo dicendo che, dal canto mio, sono convinta di aver dato il massimo in questa relazione, e mi spiace molto, sinceramente, per il disagio che posso aver creato a Massimo Segre, se – come lui sostiene – non sono stata all’altezza delle sue aspettative come compagna, ma nel merito di questa triste vicenda – anche considerato il fatto di non aver avuto, per sua scelta, nessuna possibilità di confronto con lui, l’uomo con cui condividevo la mia quotidianità da 3 anni – non penso di aver altro da aggiungere.