Stupri e violenze, il monito del sociologo: “Noi genitori, incapaci di parlare con i nostri figli”

Francesco Pira, sociologo e autore del libro “La violenza in un click”, in esclusiva ai nostri microfoni: “La voglia di vetrinizzare tutto quello che facciamo è inspiegabile”

Prima lo stupro di gruppo di Palermo, poi quello di Caivano ed infine la notizia della ragazza di Latina, svenuta e immortalata nelle sue parti intime, mentre era priva di sensi. La deriva che la nostra società sta prendendo, preoccupa famiglie e sociologhi. “Ogni giorno veniamo inondati da notizie incredibili e ci stiamo abituando al peggio purtroppo“, dichiara in esclusiva ai microfoni di Notizie.com Francesco Pira, professore associato di sociologia dell’Università di Messina e coautore del libro:  “La violenza in un click”.

Francesco Pira, sociologo, in esclusiva ai microfoni di Notizie.com

“La violenza di Palermo, quella di Caivano, la notizia che arriva da Latina, senza dimenticare la challenge dei genitori che sbattono le uova in testa ai figli. Sta succedendo qualcosa di strano. Questa voglia di vetrinizzare tutto quello che facciamo, con l’idea dell’Io iperfluido che in rete può fare tutto ciò che vuole, sta sinceramente offuscando quelli che possono essere gli obiettivi delle stesse piattaforme, che non credo siano nate per far degenerare tutto”.

A livello legislativo si può fare qualcosa?
“Io non credo che attraverso misure restrittive o situazioni repressive si possa cambiare la situazione. Quello su cui bisogna lavorare è un salto di qualità, un cambio culturale. Dobbiamo percorrere nuove strade, attraverso la formazione dei genitori, dei docenti, ma anche grazie ad un lavoro costante con i ragazzi.  I fatti di Palermo ci fanno capire che siamo in una situazione di emergenza educativa tremenda. Molti pensano che quello che sta succedendo non sia nulla di grave. Alcuni addirittura sembra che aspettino solo la prossima vittima. Nel libro che con la collega Mento abbiamo pubblicato, abbiamo specificato che c’è una fortissima incidenza suicidaria. Tutto è anche testimoniato dai dati. Si parla di una vittima di suicidio tra gli adolescenti ogni undici minuti nel mondo. Ogni episodio può trascinare la vittima verso decisioni irreversibili”.

La sensazione è che attraverso i video pubblicati, molti esibiscano dei trofei
“Lo dico da uomo, da padre, da educatore, da docente universitario e sociologo: come si può pensare di andare in rete ed acquistare il video di uno stupro fatto da sette persone verso una ragazza? Cosa ti spinge a fare una scelta di questo tipo? Penso alla persona che ha subito violenza, ai familiari e alla paura che genera un episodio di questo tipo. Poi mi rendo conto che c’è un uso del corpo spietato: pensate a quella ragazza immersa nel cioccolato in Sardegna. Sembra che tutto sia relativo. E’ come se mancasse l’educazione alla responsabilità. E’ come se ci svegliassimo la mattina senza la necessità e il bisogno di sentirsi responsabili di ciò che facciamo. E questo è un grave problema”.

Nel suo libro ha provato ad immaginare le possibili soluzioni?
“In un volume precedente, che si chiama Figli delle App,  ho fatto una ricerca su un campione di 870 adolescenti e viene fuori una fortissima fragilità di questi ragazzi. Soprattutto dopo il Covid. Una fragilità che spesso li porta ad imporre il proprio Io. In rete poi ci sono tantissimi ragazzi che ci mettono la loro faccia e si comportano in un determinato modo per piacere agli altri. E poi ci sono un numero smisurato di profili falsi che servono solo a tirare fuori il peggio. Serve attrezzarsi”.

Parla per la prima volta la vittima
Stupro di gruppo a Palermo (Ansa Foto) Notizie.com

In che modo?
“E’ inutile andare avanti con lo scaricabarile di chi da la responsabilità alle scuole, ai genitori: siamo tutti responsabili. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. Noi con la ricerca e la didattica e anche gli enti pubblici. Ho sentito che il ministro Roccella ha detto che si interverrà con provvedimenti straordinari in tema di formazione sulle famiglie, sulla scuola e sui ragazzi. Mi auguro che tutto questo avvenga davvero e che la società dia risposte a queste violenze inaudite. Violenza che non è solo fisica, ma soprattutto psicologica”.

Lei ha avuto modo di parlare con alcune delle ragazze che hanno subito violenze?
“Ho parlato con ragazze vittime di revenge porn, di sexting. La cosa che mi ha colpito di più è il loro senso di smarrimento. L’idea che la società, di fronte ad una violenza di questo tipo, è una società giudicante. Non si prende carico di una vittima, ma la giudica. E in questo modo ne può determinare tante. Dobbiamo ripensare ai modelli educativi, al fatto che questi ragazzi hanno nuovi codici e nuovi linguaggi. Queste nuove generazioni sono quelle che noi abbiamo cresciuto ed educato. C’è da rivedere qualcosa. Manca la comunicazione tra genitori e figli. Se vediamo bambini di un anno che mangiano con lo s,artphone davanti, vuol dire che siamo noi a non capire come comunicare con loro. Probabilmente siamo noi adulti a non trovare più i codici per parlare con i nostri figli, nonostante i nostri sacrifici”.

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