Parla una delle persone che ha già avuto a che fare con la liberazione di persona rapire dai terroristi palestinesi
Sono passate tre settimane dal blitz di Hamas e dal rapimento di ben 224 persone prese nei villaggi ai confini della Striscia di Gaza. Troppi giorni ancora senza aver fatto nulla per liberarli, è questa l’accusa che centinaia di persone hanno fatto al governo israeliano nella manifestazione a Tel Aviv. “Fate qualcosa per riportarli a casa”, le urla della gente che non ne può più di attendere e avere il timore che possano morire da un momento all’altro. Il tempo per salvare gli ostaggi è sempre più ridotto e lo sa bene Gershon Baskin, la persona che nel 2006, dopo la cattura del soldato israeliano Gilad Shalit da parte di Hamas, si mise a mediare con i terroristi per liberarlo.
Tecnicamente e soprattutto ufficialmente Baskin non ha alcun ruolo nelle trattative di questi giorni, ma sa bene come funziona e cosa può accadere. “Non credo resti molto tempo ancora per gli ostaggi – il pensiero di Baskin a Repubblica -. Io credo non molto. Due giorni fa, dal Libano, i rappresentanti di Hamas hanno detto una cosa importante: che la liberazione avverrà solo con uno scambio di prigionieri. È una cosa nuova, mai detta prima. È importante perché ci dice che Hamas, come sempre fa in queste situazioni, sta cambiando le carte in tavola, aggiungendo nuove richieste a quelle già avanzate nei giorni scorsi. Ecco, io temo che la pazienza del governo israeliano possa esaurirsi”.
“Se non verranno rilasciati saranno liberati con la forza”
E se non ci sarà una manovra rapida, potrebbe esserci il blitz da parte di Israele, un attacco di terra che tanti stanno cercando sempre più di rinviare, ma Baskin spiega i motivi di questa attesa e cosa significa quando accadrà: “Vuol dire che potrebbero provare a liberarli con la forza. Un’azione che sono certo porterebbe alla morte di alcuni degli ostaggi e di alcuni dei militari coinvolti. Purtroppo la finestra di opportunità per uno scenario diverso si sta chiudendo“.
Il mediatore Baskin non si fida nemmeno di quello che sta facendo il Qatar, o meglio lo spinge a continuare su questa strada perché il dialogo aiuta sempre, visto quanto accaduto con la liberazione delle due donne americane, ma non crede che le rassicurazioni del governo qatariota possano essere di buon auspicio: “Non capisco come il premier qatarino possa essere l’unico certo di una svolta. Il problema è: con chi parla il Qatar? Con i membri di Hamas a Doha, sicuramente. Ma quanta influenza hanno loro sul destino degli ostaggi? Vivono in appartamenti di lusso e mangiano bene, mentre i membri di Hamas a Gaza sono sotto le bombe e senza cibo. E allora, non mi aspetto che chi sta a Doha possa avere la parola finale”