Un adolescente di tredici anni si è suicidato nella sua casa a Palermo. La Procura dei minori ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio.
Il sospetto è che si sia tolto la vita perché non riusciva più a sopportare di essere preso di mira dai bulli. Questa circostanza sarebbe emersa da alcune chat di alunni e genitori della scuola che frequentava. Ogni ipotesi è ancora da verificare, insieme al motivo per cui veniva preso in giro: il suo orientamento sessuale.
Se ne parla tutti i giorni nelle scuole e i media affrontano il tema ogni volta che si verificano episodi simili: è abbastanza? Cosa porta i giovani a deridere i loro coetanei? Quanto è diffuso il fenomeno del bullismo? Ne abbiamo parlato in esclusiva con Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, tra i massimi esperti del fenomeno anche su internet e presidente dell’Associazione Di.Te.
“La morte di un ragazzo di tredici anni a Palermo, se collegata al bullismo, è una tragedia, il sintomo acuto di una società malata”, commenta l’esperto. “Nel mio lavoro con i giovani, ho visto come il bullismo lasci cicatrici profonde, spesso invisibili”. Lavenia lancia un appello ad affrontare seriamente il problema: “Non è più tempo di superficialità: serve un’azione incisiva che vada oltre le mura scolastiche e coinvolga famiglie e comunità”.
L’inchiesta per istigazione al suicidio della Procura dei minori di Palermo “è un passo fondamentale, ma siamo solo all’inizio”. Non basta, ritiene l’esperto, affrontare i problemi quando accadono tragedie come quella di questo tredicenne, ma va fatta prevenzione: “Prevenire è meglio che curare, specialmente quando si tratta di vite umane”.
Professore, quanto è diffusa l’omofobia tra gli adolescenti?
“I dati del Ministero della salute sono chiari: il bullismo è una piaga che devasta anche i più piccoli. E l’omofobia? Una realtà tossica, ancora troppo diffusa. Nella mia esperienza, ho visto come pregiudizi e stereotipi possano distruggere la vita degli adolescenti, specialmente in cerca della propria identità sessuale. Le scuole devono diventare rifugi per tutti. Educazione, rispetto e dialogo: queste sono le armi per combattere l’ignoranza e costruire un futuro migliore per i nostri giovani”.
In che modo si combatte?
“Combattere il bullismo e l’omofobia richiede un piano d’azione che coinvolga tutta la società. Formare insegnanti e personale scolastico è cruciale, ma non basta. L’educazione emotiva e sociale deve essere parte integrante dei programmi di studio”.
La responsabilità dell’educazione non è solo della scuola.
“Il ruolo dei genitori è fondamentale. Dialoghi onesti in famiglia possono fare la differenza. E non dimentichiamo il supporto: essenziale per le vittime e per gli autori di bullismo. Queste sfide sono complesse, ma con determinazione, educazione e supporto possiamo cambiare la vita dei nostri giovani. È una battaglia che dobbiamo vincere”.