Sono trascorsi quasi due anni dall’attacco della Russia nei confronti dell’Ucraina, ma il conflitto non sembra destinato a terminare presto.
La comunità internazionale è impegnata nel conflitto tra Israele e Hamas e inevitabilmente i fondi spesi prima solo per Kiev ora andranno divisi per combattere il terrorismo. Intanto l’immagine del presidente ucraino Volodymyr Zelensky paga sempre più le conseguenze della guerra di logoramento, che gli amministratori locali, tra cui il sindaco di Kiev non gli perdona.
Le elezioni si avvicinano e secondo gli esperti non sarà Zelensky il nuovo presidente ucraino. Come cambierà in conflitto e quali sono gli scenari possibili? Secondo il ricercatore dell’Ispi Claudio Bertolotti, la guerra è ancora lunga, i negoziati sono possibili solo a favore di Mosca e anche se il conflitto dovesse terminare, potrebbe succedere quanto visto nel 2014 con l’occupazione della Crimea: gli scontri si fermeranno per un po’, ma riprenderanno dopo qualche anno
Una guerra senza fine? Un risultato annunciato? Ecco cosa ci ha risposto.
Dottore Bertolotti, a febbraio 2024 arriveremo a due anni di guerra in Ucraina. Quando finirà quella carneficina?
“Dipende cosa intendiamo per conclusione della guerra. Già un anno fa dicevo che un’eventuale controffensiva con una minima possibilità di successo da parte ucraina, si poteva realizzare solo concentrando le forze in un unico punto e tentando di sfondare il fronte russo per poi imporre un salto indietro a Mosca. Questo non è avvenuto perché le forze ucraine, preparate qualitativamente ma non quantitativamente, sono state disperse sul fronte e non hanno ottenuto alcun risultato militare”.
Un errore tattico, quindi. Non si può tornare indietro. Ma come si può andare avanti?
“Ora la guerra è tornata ad essere quella che era a maggio 2022, cioè di logoramento. Sul lungo periodo vince chi riesce a mantenere il fronte con una quantità di truppe ed equipaggiamento sufficiente per rafforzarlo in caso di offensive avversarie. Questa è la guerra di logoramento e la Russia è sempre stata in una netta posizione di vantaggio”.
Un destino scritto.
“Esatto, era un destino scritto e uno scenario che avevo previsto più di un anno fa: quando si parlava di armare l’Ucraina per la controffensiva, dicevo che doveva essere fatto in una quantità adeguata, certamente superiore a quella fornita, nonostante il grande sforzo della Nato”.
Ma è difficile pensare che la Nato e gli Usa non sapessero a cosa si andava incontro.
“Gli Usa hanno fatto questa scelta razionalmente. Hanno dato quanto potevano dare per non imporre alla Russia una sconfitta militare cocente: sarebbe stata un’umiliazione per Putin e avrebbe potuto aprire un conflitto interno in Russia, con scenari imprevedibili in termini di antagonismi violenti tra i gruppi di potere”.
Obiettivo raggiunto?
“Gli Usa hanno ottenuto l’obiettivo di fare in modo che Putin restasse al suo posto in alternativa al suo peggior omologo. Dall’altro fronte però, non hanno ottenuto un vantaggio militare per l’Ucraina che oggi si trova di fatto in una situazione ingestibile militarmente”.
Sta dicendo che nei fatti l’Ucraina è stata lasciata sola?
“Da un punto di vista militare questa guerra non può più essere gestita dall’Ucraina. E per forza di cose si dovrà arrivare a una soluzione negoziale, che partirà con la Russia in posizione di netto vantaggio e che non farà alcun passo indietro”.
A quanto pare nemmeno Zelensky farà un passo indietro. Mosca è più pronta di Kiev a una guerra di logoramento?
“Mosca, grazie alla mobilitazione di 150-300mila militari ogni quadrimestre può imporre tempi lunghi che l’Ucraina non è in grado di sostenere”.
Ciò significa quindi, che la Russia arriverà più forte al tavolo negoziale.
“La Russia imporrà le proprie condizioni e Kiev si troverà a dover decidere se accettarle oppure no. Se le accetterà, cederà a Mosca i territori attualmente occupati da Putin. Oppure non ci sarà una soluzione negoziale adeguata. Il ruolo degli Usa sarà di nuovo determinante nel trovare una negoziazione che dia all’Ucraina una parvenza di non sconfitta e all’opinione pubblica russa la certezza della vittoria”.
Zelensky ha promesso all’Ucraina di vincere ma dopo due anni di guerra sta perdendo consensi. Cosa succederà se non sarà più lui il presidente?
“Zelensky verosimilmente non sarà il prossimo presidente dell’Ucraina. Questo perché non ha ottenuto l’obiettivo della vittoria e qualunque risultato dovrà accettare non sarà soddisfacente per l’opinione pubblica ucraina: lui sarà il capo espiatorio. L’alternativa a Zelensky sarà o una componente politica ucraina ancor più ostile alla Russia, oppure l’ipotesi altamente improbabile di un leader filo-russo. In quest’ultimo caso però, i Paesi del Patto Atlantico e gli Usa potrebbero essere più morbidi verso una soluzione negoziale che veda l’Ucraina cedere buona parte dei territori, se non tutti, attualmente occuparti dalla Russia”.
Qualsiasi ipotesi arriva alla stessa conclusione: la guerra tra Russia e Ucraina non terminerà nel breve periodo.
“Sarà una guerra di lungo periodo che la Russia è sempre stata pronta a combattere. Potremmo assistere all’abbassamento dell’intensità della guerra. Vale a dire due fronti contrapposti caratterizzati da puntate tattiche, volte a ridefinire meglio i confini”.
L’Ucraina non metterà più in campo controffensive?
“Credo siano da escludere ipotesi di ulteriori controffensive ucraine. Possiamo ritenere un fatto accertato l’archiviazione delle velleità ucraine di liberare i territori occupati dalla Russia. Lo scenario più probabile, come detto, è una guerra a bassa intensità che dopo mesi o anni potrebbe aprire a un negoziato altrettanto lungo”.
Un negoziato che metterà un punto definitivo al lungo conflitto?
“Credo che questa vittoria di Putin verrà usata dalla Russia putiniana o post-putiniana fra alcuni anni, riproponendo lo stesso scenario del 2014: un successo militare non gestito dalla comunità internazionale e che aprirà a una successiva fase della guerra per l’occupazione del restante spazio ucraino”.
Quindi ci sarà una pausa, ma non la fine della guerra.
“Esatto. Per me è l’unico scenario possibile, a meno che non accada una rivoluzione in Russia. Il pensiero strategico russo va in questa direzione e i fatti gli danno ragione perché a ogni tentativo di avanzata, Mosca avanza. Ottiene quello che vuole di fronte a una debole risposta della comunità internazionale e di un tiepido sostegno Usa che in questo momento sono anche impegnati su tre fronti: ucraino contro la Russia, Israele contro Hamas, e quello più preoccupante del Pacifico che vede Taiwan come punto dolente della strategia Usa di contenimento competizione con la Cina”.