La posizione di Paolo Feltrin sull’opportunità di scegliere i candidati con il voto privato: “Uno strumento che ha senso in un partito con due uomini ugualmente forti”
“Le primarie non esistono più? La prima cosa che mi viene da dire è: per fortuna…”. La battuta, ma neanche tanto una battuta, è del politologo Paolo Feltrin, professore che si occupa di scienza dell’amministrazione e analisi delle politiche pubbliche all’Università di Trieste che ha preso con grande soddisfazione la scelta di abolire le primarie, cosa che per lui non ha mai avuto un gran fondamento. E’ uno di quelli che non è mai rimasto sorpreso dell’elezione di Elly Schlein come segretaria del Partito Democratico anche grazie alle primarie, un successo dovuto anche per via di aver perso il voto degli iscritti.
E il suo al sistema primarie è un vero attacco, anche perché, per come è strutturato il Pd, ma anche altri partiti, ma nel caso specifico i Dem, non servono a granché: “Le primarie sono un frutto della tipica esterofilia italiana. Ovvero dell’andare a copiare dagli altri quello che loro stessi criticano. Negli Stati Uniti non sono apprezzate perché sostanzialmente favoriscono chi ha già tanti soldi. E poi tendono a favorire le ali estreme. Come quelle che incoronarono McGovern per poi portarlo a una disfatta contro Nixon nel 1972“.
“Per come è stata eletta la Schlein, il Pd doveva chiudere il partito”
Feltrin quasi sorride quando gli ricordano che fino a qualche tempo fa nemmeno c’erano le primarie e i segretari venivano scelti con altri metodi: “Da noi sono state importate in ritardo e all’italiana. L’idea di democrazia che abbiamo avuto nel Novecento è stata quella di una competizione al centro. Il problema italiano è che le primarie come le facciamo da noi non esistono da nessuna parte al mondo. Non ci sono distinzioni tra il voto degli iscritti e quelle aperte. Ma soprattutto: a cosa servono i militanti se poi a decidere è la gente che va ai banchetti?“.
Per il politologo dell’Università di Trieste, quanto avvenuto con Schlein, ossia con le primarie che hanno eletto una candidata smentendo quanto avevano deciso i militanti è una cosa fuori dal mondo che, in un sistema democratico e soprattutto di un partito: “Per quello che è successo con Schlein, bisognerebbe chiudere il partito. A che serve se viene smentito dai suoi elettori? La logica conseguenza di un risultato del genere è che il partito va semplicemente mandato a casa. Questo è interessante: implicitamente Schlein si è accorta di questa contraddizione insensata“.