Spuntano i manifesti, che sono sponsorizzati dal ministero del Lavoro e dall’Unar, per supportare le coppie omosex a registrare i figli
Andando in giro per le strade di una città come Ravenna e notare alcuni manifesti che fanno discutere e che lasciano perplessi. “Insieme si può“, è la scritta che appare su di essere ed è una campagna portata avanti dal Centro antidiscriminazione Lgbti+ della stessa cittadina ravennate. Il problema non è quello, ma è un altro. I poster, in una scritta piuttosto piccolina e non proprio rilevante, se non ci si fa caso per bene, è che hanno il patrocinio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con la condivisione dell’Unar, del Pon Inclusione e dell’Unione europea.
Su queste immagini ci sono due ragazze che ridono e si abbracciano e sopra di loro c’è una scritta che dice: “Presto avremo un bambino, vogliamo riconoscerlo come figlio di entrambe ma non sappiamo se il nostro Comune trascriverà il suo certificato di nascita“. E sotto c’è ancora scritto: “Per ricevere supporto rivolgiti a noi. Insieme si può“. Ma non è tutto. Ce n’é un altro con una scritta che dice: “Mi chiamo Fra e sono una persona trans*. Prima di intraprendere il mio percorso di transizione giocavo a calcio. Vorrei tanto tornare ad allenarmi ma ho paura di quello che potrebbe accadermi“. Ogni immagine e ogni storia di queste citate si trova sul sito di riferimento e su tutti i social del centro. E sempre le due ragazze, all’interno dei canali sociale del gruppo, che proseguono la loro storia e raccontano: “Essere genitori è una bellissima avventura. Ma mettere al mondo figli* per le persone LGBTQIA+* può trasformarsi in un percorso ad ostacoli“.
Il Governo non si è accorto di nulla ma patrocina questo evento
Il messaggio che danno le due ragazze nasconde però un reato, anche e soprattutto perché se si ricorre all’utero in affitto. Non è proprio un percorso a ostacoli, ma un qualcosa che non si può fare perché proibito dalla legge italiana. E le scritte e i racconti non finiscono qui, anzi hanno un seguito di storie e di protagonisti: “In Italia, infatti, non esiste una legge che permetta il riconoscimento alla nascita de* figli*delle famiglie omogenitoriali“, si conclude nel post menzionato. E non è tutto, anche perché dice sempre il centro nei suoi canali social, come se dovesse richiamare l’attenzione: “Se sei nella stessa situazione di Chiara e Giovanna, puoi rivolgerti a noi. Insieme si può“.
Le domande da fare sono tante e se le pone il quotidiano La Verità che ha scovato questa situazione così strana e particolare, ma la vera domanda è come sia possibile che “un ministero di un governo conservatore dia il patrocinio a simili iniziative”. Si chiede il giornale che è andato a fondo a questa vicenda che “nel momento in cui le urne esprimono una maggioranza di destra, ci si aspetta – quantomeno su temi che non riguardano la politica economica, dove purtroppo vige il vincolo esterno”. Di sicuro si andrà a fondo alla questione e il Governo cercherà di capire cosa sia successo, anche se i motivi del progetto portato avanti al centro di Ravenna sembrano un po’ diversi rispetto a quelli per cui ha ricevuto i fondi. L’ultima domanda che si pone il giornale è che, visto il progetto partito a ottobre, possibile che nessuno se ne fosse ancora accorto, visto che è il 3 gennaio?