Il generale che ha guidato le forze alleate in Iraq e Afghanistan spiega al Corriere della Sera quello che può succedere in Medio Oriente
Meglio di lui pochi sanno quello che può succedere e come può succedere in Medio Oriente. “Gli Houthi? Risponderanno, è probabile che vedremo nuovi attacchi da parte loro. Ma non sappiamo ancora l’entità dei danni inflitti al loro arsenale di missili e droni…”, a parlare col Corriere della Sera è il generale David Petraus, un uomo tutto d’un pezzo, militare vecchia generazione, 71 anni, ha guidato e comandato le forze alleate in Iraq e Afghanistan. Sa bene di cosa si parla e di quello che si parla e soprattutto cosa può accadere: “I raid (della coalizione Usa, ndr ) sono stati significativi: ben più di 100 munizioni contro una sessantina di obiettivi in 16 diversi siti. E il danno dev’essere stato considerevole, anche se sospetto che il processo di valutazione dell’impatto delle bombe sia ancora in fase di finalizzazione. Finché non c’è una valutazione di quanto siano state ridotte le capacità degli Houthi, non è possibile trarre conclusioni definitive sulla loro possibile risposta. E non c’è bisogno di dire che, se dovessero attaccare di nuovo, possono aspettarsi ulteriori attacchi dalla coalizione a guida americana, che sicuramente ha ora ottime informazioni di intelligence sulle loro basi, sui depositi di stoccaggio, le postazioni di lancio e così via“.
Tanti hanno paura della famosa escalation che può esserci in Medio Oriente, soprattutto con l’Iran, ma anche il Libano, per non dimenticare la Siria. Una super-bomba a cielo aperto che, pare, potrebbe non esser necessario che venga innescata perché lo è già di suo. Per Petraus il rischio è concreto, anzi qualcosa di più se non si cambia strategia a guerra in corso: “Penso che i rischi di escalation siano già sostanziali, ma dipendono più che altro da azioni specifiche e valutazioni in quelle aree anziché da quello che sta avvenendo nel Mar Rosso. Continuo a dubitare che l’Hezbollah libanese voglia provocare una azione più ampia da parte di Israele, dopo il modo in cui è stata martellata nel 2006. Ma il potenziale per l’escalation c’è, come pure in Iraq e in Siria“.
“Urgente che venga messo a punto un pianto per il dopoguerra”
Il generale Petraeus disse quanto fosse importante che Israele impari dagli errori americani in Iraq e sviluppi un programma che si prepari per bene dopo che la guerra finirà, ma fino ad ora non sembra sia stato molto ascoltato, tutt’altro: “Per quello che capisco, è ancora in corso di sviluppo. È urgente che venga messo a punto, perché il piano per il dopoguerra giocherà un ruolo significativo anche sul modo in cui le operazioni vengono condotte“
Sul quanto possa durare la guerra, il generale Petraus non è che abbia molti dubbi e li mette lì a disposizione di chi ha altre sensazioni e sta lavorando per una pace, di cui però non si vede traccia: “Molti, molti mesi. Dipenderà da quale sarà la riduzione delle forze israeliane che svolgono le operazioni per distruggere Hamas, smantellarne il ramo politico, salvare gli ostaggi. Tutto ciò, in un contesto urbano estremamente difficile e contro un nemico che non indossa uniformi, che usa i civili come scudi umani, che tiene in mano oltre 100 ostaggi e ha centinaia di miglia di tunnel e di strutture sotterranee in aree urbane densamente popolate”