“Quando i leader del governo verranno in Abruzzo il 5 marzo, non chiederanno ai cittadini di fare una scommessa: Marco Marsilio ha fatto un lavoro eccellente”.
Ai nostri microfoni il senatore abruzzese Guido Quintino Liris di Fratelli d’Italia si dichiara convinto della buona amministrazione del candidato proposto dal centrodestra per le elezioni regionali del 10 marzo. Ha fatto parte della giunta Marsilio con la delega al Bilancio fino a che non è stato eletto in Senato alle politiche del 2022.
Senatore, la vittoria del centrodestra è più certa in Abruzzo rispetto alla Sardegna?
“Abruzzo e Sardegna non sono paragonabili. Marco Marsilio è il presidente uscente ed è ricandidato con tutta la coalizione concorde. Ha anche il riconoscimento di un lavoro eccellente. Ha portato a casa tantissimi risultati e nel corso della sua amministrazione ha saputo tenere insieme le peculiarità dei singoli partiti della coalizione, senza aver mai oscurato l’operato della giunta. Ha un peso enorme a Roma, nei rapporti con i Ministeri, gli uffici e settori, che spesso sono un fattore limitante di tante operazioni. Lui è riconosciuto come una persona competente. Ha un buon rapporto con i ministri e con i leader politici. Quando Meloni, Salvini, Tajani e Lupo verranno in Abruzzo il 5 marzo, non dovranno chiedere ai cittadini di fare una scommessa, ma di riconfermare la buona amministrazione di Marco Marsilio”.
Invece in Sardegna hanno chiesto di fare una scommessa con Truzzu?
“Le differenze sono due. Quando Schlein e Conte arriveranno in Abruzzo, parleranno di temi nazionali, della Sardegna, delle manganellate a Pisa. Chiederanno di scommettere su una persona della società civile che si affaccia alla politica. Al contrario, quando verranno i leader al governo, parleranno dell’Abruzzo e diranno che Marsilio è una fortuna per i cittadini, perché con lui hanno avuto un rapporto quotidiano e la macchina è collaudata. Inoltre, seconda differenza, in Abruzzo non c’è il voto disgiunto. Non ci sono problemi con gli alleati, ma se qualcuno volesse fare uno “sgambetto” non potrebbe nemmeno farlo”.
Come vi porrete di fronte al campo largo del centrosinistra che ha candidato Luciano D’Amico, dopo l’esperienza sarda?
“Il campo largo… guardi, non è mai riuscita la presunzione che si riesca a fare il totale con la sommatoria dei singoli. Non funziona così: non si possono mettere dentro il diavolo e l’acqua santa, persone e partiti incompatibili. Sono talmente differenti che non si riconoscono neppure nella stessa coalizione”.
A cosa si riferisce?
“Mi riferisco alle parole di Giuseppe Conte a L’Aria che Tira. Ha detto che non è in coalizione con Renzi e Calenda, ma Italia Viva e Azione sono presenti con i simboli nella proposta del candidato Luciano D’Amico. Non sanno neppure quello che accade in Abruzzo. Pensano di poter venire qui a fare discorsi nazionali. Questa Regione segue una dinamica più controllata: i cittadini votano chi conoscono, non come nelle grandi città. Poi gli abruzzesi vogliono sentir parlare di programmi per l’Abruzzo, non di ragionamenti di propaganda nazionale. Non sanno né con chi sono alleati né quali sono le esigenze del territorio. Inoltre l’Abruzzo ha bisogno di continuità: abbiamo tempi stretti per la spesa del Pnrr e dell’Fsc. Non si può permettere di ricominciare daccapo e rallentare, perché significherebbe pregiudicare la capacità di spesa. Abbiamo tempi talmente ristretti che possiamo fermarci solo il 10 per votare. Poi bisogna tornare al lavoro”.
Passiamo a Basilicata e Piemonte: anche lì siete sicuri di vincere?
“Basilicata e Piemonte sono storie a sé e il discorso per le elezioni regionali si basa sempre sul lavoro dei presidenti uscenti. La prima valutazione deve partire proprio dai territori: bisogna capire se i candidati sono legittimati dai cittadini. E non mi risulta che in Basilicata e Piemonte non sia così. Non dobbiamo misurarci con il campo largo, ma con i cittadini. Un nuovo candidato è sempre una nuova partita, un altro progetto, lo sfidante, la novità”.