Alessandro Ricci, professore di geografia politica e fondatore di Geopolitica.info, in esclusiva ai nostri microfoni sul botta e risposta tra il Papa e Zelensky.
Il botta e risposta a distanza tra Papa Francesco e il presidente Zelensky tiene ormai banco da diverso tempo. La nostra redazione in esclusiva ha contattato Alessandro Ricci, professore di geografia politica all’università di Bergamo e fondatore di Geopolitica.info, per fare il punto della situazione.
Dottor Ricci, come possiamo interpretare lo ‘scontro’ tra Zelensky e il Papa?
“Più che scontro, io vedo il tentativo da parte del Pontefice di osservare la realtà dei fatti. La sconfitta di Advinka conferma una Ucraina in difficoltà rispetto alla Russia. Da qui è stata avanzata l’ipotesi di un dialogo con la controparte. In questi mesi gli appelli del Papa sono stati molteplici. Bergoglio ha chiesto continuamente un dialogo tra le parti e l’ultimo fa seguito a una molteplicità di dichiarazioni coerenti in questa direzione. Nel dibattito italiano, però, le frasi del Papa hanno attivato un meccanismo dialettico di scontro oppositivo, tanto che lo si è accusato anche di presunto filoputinismo. Su questo occorrerebbe soffermarci: non si può evocare unicamente e soltanto la via militare come unica possibile. Putin ha lasciato più volte aperta la porta del dialogo con l’Ucraina, vuoi per retorica o per implicita ammissione di non poter giungere alla vittoria desiderata. L’ultima occasione in tal senso è stata l’intervista con Tucker Carlson, elemento che in pochi hanno considerato, preferendo le accuse anche lui di essere un megafono del Cremlino. Sono elementi, questi, che al di là dell’infantile scontro dialettico, vanno considerati nel dibattito nato dopo le parole del Pontefice“.
Possiamo dire che Zelensky non ha nessuna intenzione di sedersi ad un tavolo per negoziare?
“Su questo non c’è alcun dubbio. Ha firmato un decreto per impedire a sé stesso di avviare i negoziati con Putin. Ad oggi non sembrano esserci spiragli per arrivare ad una pace e la chiusura rispetto agli spiragli lanciati dal Papa lo dimostra. Ma quello che dobbiamo chiederci è se noi occidentali vogliamo continuare a far parlare le armi oppure se intendiamo aprire scenari diplomatici, per arrivare a un tavolo di trattative. L’alternativa è immaginare una guerra a oltranza, cosa impensabile e – credo – non auspicabile per nessuno. Prima o poi si dovrà pur cominciare a lasciare lo spazio alla diplomazia“.
Secondo Lei il Vaticano potrebbe avere un ruolo in un futuro negoziato?
“Dobbiamo considerare che nel giugno scorso lo stesso Pontefice ha provato a intavolare un dialogo fra le parti inviando il cardinale Zuppi a Kiev. Questo ulteriore appello del Papa ai negoziati si inserisce in quella lunga coda di tentativi di apertura di un dialogo che non stanno avendo effetto. Per cui se storicamente la Chiesa ha avuto un certo ruolo nella diplomazia mondiale, in questo caso mi sembra che non ci sia la volontà di dare piena legittimità di mediazione al Vaticano“.