Presi subito, interrogati e, in qualche caso, anche torturati, forse. Almeno è quello che si racconta, anche per la mancanza di un orecchio a uno degli attentatori arrestati. Ma quello che più sconvolge è come il web ha seguito l’intera situazione legata all’attentato e a quello che è seguito. Alle 23.50 di venerdì sera, ovvero tre ore dopo l’attacco terroristico al Crocus City hall di Mosca, dove ci sono stati centinaia di cadaveri poi ritrovati sotto le macerie, da Telegram, una piattaforma molto vicina ai servizi segreti russi, è stata diffusa una prima foto dell’automobile bianca usata dagli attentatori per fuggire.
L’immagine è nitida e chiara, con due uomini dentro la macchina , uno con un cappellino e un accenno di barba e lo sguardo rivolto verso il basso. Un altro mentre era al volante, ma meno visibile e meno riconoscibile per via della foto a tratti sgranata. A distanza di qualche ore ecco spuntare sugli stessi canali Telegram Baza e Mash i video e le prime foto dei primi brutali interrogatori. Circostanze rese pubbliche sui social ma su cui non c’è stata alcuna conferma ufficiale della autoritaà russe.
“Ho sparato per soldi alla gente…”
Secondo gli investigatori, gli attentatori erano tutti provenienti dal Tagikistan, ma nessuno di loro con nazionalità tagika, secondo il ministero degli Esteri di Dushanbe, che ha definito false le notizie del coinvolgimento di suoi cittadini nell’attacco terroristico.
Sul web sono comparse le immagini degli interrogatori da parte degli agenti russi agli attentatori. “Che cosa ci facevi al Crocus?“, chiedein modo aggressivo un uomo delle unità speciali russe ad uno dei presunti attentatori, tenendolo per i capelli fermo a terra, faccia in giù, mentre lo registra con uno smartphone. “Ho sparato“, risponde l’uomo. “A chi hai sparato?”, lo sollecita l’agente. “Alle persone”, dice l’interrogato. “Perché l’hai fatto?”, lo incalza. “Per soldi”, confessa lui a voce bassa.