Camorra, svolta Francesco Schiavone: il pericoloso boss, dopo 26 anni, si è pentito
La conferma arriva dal quotidiano “Cronache di Napoli“, successivamente anche la Direzione Nazionale Antimafia e la Direzione distrettuale Antimafia hanno ufficializzato quello che si stava vociferando: Francesco Schiavone ha deciso di collaborare con la giustizia. Il pericoloso boss di Casal di Principe, conosciuto da tutti come “Sandokan“, da alcune settimane ha deciso di avviare i primi colloqui con la Dia. Il 70enne si trova nel regime del carcere duro dal ’98, ovvero quando venne catturato in un bunker della cittadina casertana.
Dalle ultime informazioni che sono state rese note pare che ai familiari dell’uomo sia stata offerta la possibilità di entrare nel programma di protezione. Lo stesso riservato solamente ai familiari dei collaboratori di giustizia. Non si tratterebbe affatto della prima volta che si verificherebbe una cosa del genere per un membro della famiglia Schiavone: nel 2018, infatti, al figlio Nicola (pentitosi) fu concessa la possibilità.
Francesco ‘Sandokan’ Schiavone si pente: collabora con la giustizia
Francesco Schiavone è detenuto da anni al 41 bis alla città de l’Aquila, precisamente da 26. Venne condannato nel maxi processo denominato “Spartacus“. In carcere anche per diversi delitti. Nel 2021, invece, un altro suo figlio (Walter) decise di collaborare con la giustizia. Restano in carcere gli altri figli dell’uomo: Emanuele Libero (pronto ad uscire dal carcere nel prossimo agosto) e Carmine. Per quanto riguarda la moglie, Giuseppina Nappa, non si trova in questo momento a Casal di Principe.
Proprio in questi ultimi giorni le forze dell’ordine si sono recate nelle abitazione dei parenti del boss per proporre questa possibilità. Tra questi anche il figlio Ivanhoe. Schiavone è malato di tumore ed ha deciso di rivelare importanti segreti. Non è da escludere, come riportato da più fonti, che il suo possa essere un messaggio destinato all’esterno, ovvero quello di non provare a far riorganizzare il clan. A questo punto, secondo gli inquirenti, quella del boss potrebbe essere un modo di evitare a creare possibili suoi successori.
Una sua importante e possibile collaborazione con i magistrati potrebbe risolvere alcuni delitti e misteri irrisolti riguardanti la Camorra. Tra questi anche quelle della vicenda che vide come vittima Antonio Bardellino, fondatore del clan, assassinato prima degli anni ’90 in Brasile: un vero e proprio intreccio che riguardò la politica e la camorra.