Stefano Patuanelli, capogruppo pentastellato al Senato, in un’intervista a ‘La Stampa’ spiega il perché è stato sbagliato candidare i leader alle Europee.
I leader sono pronti a scendere in campo per le prossime Europee. Esclusi Salvini, Renzi e Conte, tutti gli altri hanno deciso di candidarsi per il voto giugno. L’obiettivo è quello di riuscire a portare un numero importante di elettori alle urne oltre che naturalmente fare il punto sul proprio consenso.
Una scelta non condivisa da Stefano Patuanelli. In particolare, il capogruppo pentastellato al Senato in un’intervista a La Stampa critica le scelte fatte da Tajani e Meloni: “Una presa in giro. Nessuno dei due si muoverà in caso di elezione. Calenda e Schlein? Hanno sbagliato, ma potrebbero optare per il Parlamento Europeo“.
Il messaggio di Patuanelli a Schlein
Nelle scorse settimane nel dibattito politico ha tenuto banco anche il rapporto tra M5s e Pd. Il caso Bari ha un po’ allontanato i due partiti, ma in casa pentastellata non hanno mai chiuso definitivamente la porta. La conferma arriva anche da Patuanelli. L’ex ministro conferma la volontà di continuare il dialogo con i dem subito dopo le Europee per continuare a costruire questa alleanza.
Il tutto, però, potrà avvenire ad una sola condizione: con Renzi e Calenda fuori. Il capogruppo pentastellato al Senato ribadisce che la coalizione potrà essere costruita solamente con il Partito Democratico. Vedremo se dal Nazareno sposeranno questa strategia oppure si deciderà di intraprendere una strada completamente differente.
Cacciari critica la candidatura della Meloni
Ritornando al discorso delle candidature dei leader alle prossime Europee, Cacciari ai microfoni de Il Fatto Quotidiano critica duramente la scelta di Giorgia Meloni di scendere in campo. Per l’ex sindaco di Venezia la decisione del premier è stata presa perché non ci sono nomi spendibili e si tratta di una decisione di marketing molto simile a quelle prese da Berlusconi in passato.
Cacciari non condivide neanche la scelta di scendere in campo di Elly Schlein. “C’è solo una differenza con la scelta del premier – spiega l’ex sindaco – la leader dem ha dovuto rimangiare la questione del simbolo perché era ridicola. Mentre il presidente del Consiglio ha ancora la possibilità di contare sulla forza del suo elettorato”.