Le cronache dei “bravi ragazzi” collegati a crimini efferati: ne abbiamo parlato con il criminologo Colasanti e la sociologa Munafò.
“Un ragazzo gentile”, Filippo Turetta. “Intelligente”, il 17enne di Paderno Dugnano. “Un passato da catechista in oratorio”, Chiara Petrolini. “Salutava tutti, educato e sportivo”, il 17enne di Viadana. Tutti hanno più di un elemento in comune.
Il primo è che sono protagonisti (responsabili, reo confessi, colpevoli o presunti tali fino al giudizio) di fatti di cronaca che hanno inorridito l’intero Paese negli ultimi mesi. Il secondo è che si tratta di ragazzi giovani o giovanissimi. Il terzo è che, in quelle stesse cronache sono descritti come i classici “bravi ragazzi”. Il resto, le ovvie differenze, e tutto ciò che emergerà dalle inchieste, è materia per inquirenti, investigatori, giudici ed avvocati impegnati nei procedimenti giudiziari in corso o in procinto di esserlo.
“La storia criminale è piena dei cosiddetti ‘bravi ragazzi’ e gli ultimi eventi ne danno conferma che tale etichetta non sempre corrisponde all’interiorità delle persone e tanto più dei giovani. – ha spiegato Roberto Colasanti criminologo e criminalista, colonnello dei carabinieri in congedo – Gli autori dei citati terrificanti omicidi, tutti reo confessi, dimostrano ancora una volta dal punto di vista criminologico che chiunque può diventare criminale, qualora non trovi dentro di sé le risposte giuste che optino per il bene e il rispetto della vita altrui”.
L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello del presunto killer di Maria Campai, 42enne di nazionalità romena. La donna sarebbe stata uccisa da un 17enne di Viadana nel garage di casa dopo un rapporto sessuale. Ieri è stata effettuata l’autopsia sul corpo della donna, ma già dai primi esami esterni c’erano pochi dubbi. Campai sarebbe stata uccisa a mani nude, poi il suo corpo è stato nascosto in un giardino. Il 17enne avrebbe quindi inviato un messaggio alla sorella della vittima prima di continuare con la sua vita, tutta scuola, allenamenti, amici e famiglia. Come se niente fosse accaduto.
“La scelta è stata consapevolmente indirizzata verso il male – ha continuato Colasanti – che ha significato l’eliminazione fisica di quelli che erano considerati di ostacolo ai propri intendimenti. Il pensare solo a sé stessi, in cui l’altro ha motivo di esistere solo in funzione della propria gratificazione, accomuna i casi in esame. Aggiungo che emerge la scarsa intelligenza dei responsabili nel trovare vie d’uscita alternative”.
Il giovane di Viadana, che si trova nel carcere minorile Beccaria di Milano, era un cultore di arti marziali. Sul web ricercava il sesso estremo ed esprimeva la sua ammirazione per Filippo Turetta, l’assassinino di Giulia Cecchettin. “Io sto col bravo ragazzo”, aveva scritto. Appunto. Turetta, 22 anni di Torreglia, è accusato di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Il processo con rito abbreviato per l’uccisione della sua ex fidanzata è cominciato il 23 settembre scorso.
“Non esistono i bravi ragazzi. – ha detto la sociologa Flavia Munafò, direttrice dello sportello di ascolto e prevenzione Socio Donna a Roma – Se consideriamo tali i ‘110 e lode’, chi non litiga mai in famiglia e frequenta sempre lo stesso gruppo di amici, in realtà dietro ha un vissuto social-drammatico che inneggia orrori su internet, e che fa i complimenti a Turetta con un effetto emulazione che diventa un effetto domino. Il bravo ragazzo non c’è. Dobbiamo andare a riflettere sulla discrasia del ‘ruolo’ nell’immaginario sociale e nel reale”.
A Paderno Dugnano, in provincia di Monza, nella notte tra il 31 agosto ed il 1 settembre scorso, un ragazzo di 17 anni ha ucciso a coltellate il papà, la mamma ed il fratello piccolo di 12 anni. Il giovane ha atteso i carabinieri, poi ha confessato. La procuratrice del Tribunale dei Minori di Milano Sabrina Ditaranto, ha detto che il 17enne “ha capito che non può tornare indietro” e che “ha parlato di un malessere suo, non collegato alla famiglia”.
“Se vogliamo ipotizzare una deriva – ha continuato Munafò – essa è di origine socio-culturale. Abbiamo deciso di andare oltre la morale, il pudico ed il privato senza dare alternative valide a questi valori. Solo mancanza di regole. I ragazzi si vedono infallibili, super uomini (non nietzschiani) che hanno 14 milioni di follower, che fanno le challenge, che vivono iper-connessi e che sono sempre meno presenti nella realtà. Si esalta così solo la personalità digital e virtuale”.
La sociologa Munafò: “Non esistono i bravi genitori come non esistono i bravi ragazzi”
A Traversetolo, una vicenda cominciata il 9 agosto e proseguita ad inizio settembre, ha gettato un’ombra su un’intera comunità in provincia di Parma. Chiara Petrolini di 22 anni, studentessa e babysitter, è accusata di aver partorito e seppellito nel giardino della villetta di famiglia due neonati. Al momento è agli arresti domiciliari, indagata per omicidio volontario e soppressione di cadavere, ma la Procura ha fatto ricorso affinché resti in carcere fino al processo. Il pm di Parma Alfonso D’Avino ha più volte puntualizzato che la giovane avrebbe fatto tutto da sola. Famiglia, amici e lo stesso fidanzato, padre dei bambini, erano all’oscuro di tutto.
“Diamo la colpa sempre ai ragazzi – ha concluso la sociologa Munafò – che sono figli dell’epoca in cui vivono. Hanno bisogno di essere aiutati. Un aiuto che deve partire dai genitori, dagli educatori, ma anche dalle istituzioni che dovrebbero permettere, ad esempio, agli educatori di entrare nelle scuole, di aiutare le famiglie, di fare dei corsi di aggiornamento. Il genitore non nasce genitore, lo impara attraverso la vita del figlio e le sue esperienze. Non c’è un manuale. Non esiste il ‘bravo genitore’ come non esiste il bravo ragazzo”.