Svolta nell’omicidio di Candido Montini, fermato per omicidio un giovane di 17 anni: a lui si è giunti anche grazie al test a tappeto del Dna.
A lui, un ragazzo di 17 anni, italiano, i carabinieri sono giunti attraverso il Dna. Prelievi a tappeto, secondo una nuova tecnica investigativa perfezionata proprio negli ultimi mesi. Sarebbe stato proprio il giovane allora ad uccidere Candido Montini, il pensionato di 76 anni ed ex vicesindaco di Garzeno, non lontano da Como, ucciso a coltellate nella sua abitazione di Catasco il 24 settembre scorso. I due erano anche parenti alla lontana.
Sulla scena del crimine i carabinieri hanno rinvenuto alcune tracce ripetute anche sul portafogli della vittima e sull’arma del delitto. Tracce utili per individuare il colpevole. Il 17enne è stato portato in caserma accompagnato dai genitori, è stato interrogato ma ha negato ogni addebito, ma è stato sottoposto a fermo ed è indagato per omicidio volontario. Carabinieri e Procura minorile di Milano sono convinti sia stato lui ad uccidere il 76enne.
È la seconda volta in pochi mesi che l’Arma ricorre al test del Dna a tappeto nell’ambito di inchieste per fatti di sangue. A fare da apripista è stato il caso di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio nel Bergamasco. Per quelle indagini sono state effettuate analisi genetiche a quasi 26mila persone. Più recentemente i test a tappeto sono stati utilizzati nel caso dell’omicidio di Sharon Verzeni, uccisa a Terno d’Isola la notte tra il 29 ed il 30 luglio scorso.
Nel caso di Sharon il test non è bastato: al killer si è giunti attraverso testimonianze e immagini della videosorveglianza. Tra Terno d’Isola e Garzeno corrono circa 90 km costeggiando il lago di Como. I carabinieri hanno deciso di riprovarci per dare un volto al killer di Candido. “Non l’ho ucciso”, ha però detto il giovane ad investigatori ed inquirenti, che stanno ora completando il quadro. Le indagini sono passate per un prelievo a tappeto e analisi di Dna degli abitanti di Catasco, la piccola frazione di Garzeno.
Le forze dell’ordine avevano effettuato test salivari a campione: un invito su base volontaria per iniziare a creare una banca dati del Dna. Incrociando gli esiti dei test biologici, gli inquirenti sarebbero arrivati a restringere il cerchio verso un gruppo familiare prima, e al ragazzo poi. Una settimana fa erano a saliti a Catasco anche i Ros, che in un due giorni hanno passato centimetro per centimetro la casa della vittima, alla ricerca di tracce biologiche non evidenti.
Candido Montini è stato ucciso nel pomeriggio del 24 settembre in casa sua. Il corpo era stato ritrovato il giorno successivo. L’assassino lo ha sorpreso dopo pranzo, mentre l’uomo si apprestava a riaprire il suo piccolo negozio di alimentari. Quel pomeriggio il negozio era rimasto chiuso. L’allarme era scattato la mattina successiva, quando il panettiere è andato a consegnare il pane trovando ancora chiuso. Dalla casa non mancavano oggetti di valore, ma in quei giorni Montini doveva avere tra le mani molto contante per i pagamenti della fine del mese.
Un fattore di cui il killer era a conoscenza. L’autopsia ha rilevato sul corpo della vittima una ventina di coltellate, alcune inferte con il pensionato, che si sarebbe difeso, già a terra. Il portafogli vuoto era stato trovato a terra lungo una possibile via di fuga. Una settimana era stato trovato anche il coltello, da cucina, di tipo diverso da quelli che Montini teneva in casa. Un’aggressione a scopo di rapina, da parte di qualcuno del paese.
Test del Dna, il caso dell’uccisione di Candido Montini
Il fermo dovrà essere valutato per la convalida da un giudice. Secondo alcune indiscrezioni, il giovane ed i suoi genitori frequentavano quasi ogni giorno la bottega della vittima. Il padre del ragazzo era stato tra i primi ad accorrere a casa Montini la mattina che si era saputo dell’omicidio. Nei giorni scorsi, i carabinieri di Como avevano convocato il giovane assieme ai genitori in caserma chiedendo a padre e madre di dare il loro consenso al prelievo del Dna, necessario per la minore età del figlio, e lo avevano sentito come persona informata sui fatti.
“Siamo sgomenti. – ha detto Eros Robba, sindaco di Garzeno – Ovviamente aspettiamo che il puzzle delle indagini si completi ma pensare che possa essere stato lui l’autore del delitto mi pone tanti interrogativi come primo cittadino e come giovane (Robba ha 29 anni, ndr) che ha sempre pensato che questi fatti appartenessero a contesti diversi e non alla nostra comunità. Ora devo pensare a come ricucirla perché questa è una ferita aperta e dolorosa che coinvolge due famiglie tra loro legate. Tutto questo in attesa che le indagini facciano il loro corso“.