Oggi Filippo Turetta, accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, è comparso in aula. Intanto altri due femminicidi hanno scosso il Paese.
“Le cronache di quest’ultimi giorni sono state funestate da alcuni casi di femminicidio avvenuti con modalità particolarmente cruente che hanno scosso l’opinione pubblica”.
Roberto Colasanti criminologo clinico e investigativo, colonnello dei carabinieri in congedo, rappresentante dell’associazione Pro Territorio e Cittadini odv che presta assistenza alle vittime dei reati del codice rosso, ha tracciato in esclusiva per Notizie.com un quadro della situazione in Italia.
Un quadro a tratti ancora troppo complicato da decifrare. Colasanti ha ricordato che i dati sono in calo. Ma che allo stesso tempo la percezione nell’opinione pubblica è scossa proprio dalle modalità sempre più cruente dai femminicidi. “La percezione di un fenomeno e la realtà oggettiva fornita dai dati e dalle analisi statistico criminali non sempre coincidono”, ha ricordato Colasanti.
Anche in queste ore, però, ci troviamo a dover dare conto di due nuove tragedie. Ieri è stata trovata morta nella sua abitazione a Medesano, non lontano da Parma, la 62enne Marina Cavalieri. La donna è stata uccisa con un colpo di arma da fuoco alla testa. Per l’omicidio è indagato il marito 65enne della donna che è stato rintracciato e sottoposto a fermo.
Flavia Mello Agonigi, italo-brasiliana di 54 anni, scomparsa da Pontedera lo scorso 12 ottobre, è stata invece ritrovata morta ieri, uccisa a coltellate. Il suo corpo è stato trovato dentro la cisterna di una cantina di un’abitazione di Sant’Ermo, frazione del Comune di Casciana Terme Lari, nelle colline della Valdera. Reo confesso dell’omicidio è il 34enne Emanuele Nannetti, portato in Questura e sottoposto a fermo.
Femminicidi, dati in calo: “Ma modalità particolarmente cruente”
“Dovendo attenerci ai dati raccolti dal Servizio di analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell’Interno – ha continuato il criminologo – emerge che negli ultimi tre anni l’uccisione di donne all’interno di rapporti familiari o affettivi è diminuito”.
Dai 106 femminicidi del 2022 si è passati ai 96 femminicidi nel 2023. L’andamento in discesa del numero di vittime sembrerebbe confermato anche per quest’anno. All’ultimo aggiornamento statistico del 13 ottobre 2024 si sono registrati 73 femminicidi rispetto agli 81 del pari periodo dello scorso anno. Ai dati sui delitti vanno aggiunti quelli dell’incrementato numero di denunce relative ai cosiddetti “reati spia”.
“Questi dati – ha spiegato Colasanti – ci fanno comprendere come il fenomeno sia diventato negli anni una priorità nelle politiche di contrasto al femminicidio. È chiaro che la strada per arrivare all’obiettivo zero femminicidi si prospetta ancora lunga. L’esame nel dettaglio di questi episodi delittuosi se non può servire a riportare in vita le vittime, può servire però a migliorare le misure di prevenzione da adottare. Tra le quali inserirei l’obbligatorietà del trattamento psicoterapeutico del soggetto maltrattante. E la valutazione della sua pericolosità da cui far discendere la scelta dei provvedimenti cautelari più appropriati”.
Oggi è stato anche il giorno della prima volta in un’aula di Tribunale, quello di Venezia, per Filippo Turetta, il giovane accusato di omicidio volontario aggravato di Giulia Cecchettin, avvenuto la notte dell’11 novembre 2023. Davanti alla pubblica accusa ha ammesso di aver pensato in precedenza al femminicidio: “Ho pensato di rapirla, anche di toglierle la vita. Ero confuso, io volevo stare ancora insieme a lei”.
Violenza sulle donne, lo studio sulle “cicatrici” dell’Iss
E sempre oggi l’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso i dati sullo studio “Epi_we” sulla violenza sulle donne. Gli esperti dell’Iss stanno effettuando una ricerca sulle “cicatrici” nel Dna delle donne vittime di maltrattamenti. La violenza, insomma, lascerebbe segni permanenti alle donne che la subiscono. C’è da capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime.
“Quello che stiamo dimostrando a livello territoriale – ha spiegato Simona Gaudi coordinatrice di epi_we ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute – è che la violenza influisce sulla salute del genoma in un modo tale che i suoi effetti a volte si manifestano 10-20 anni dopo. Questo ci dicono i dati. Vogliamo dare supporti molecolari a questi dati, in modo tale che analizzando tutto il profilo dell’epigenoma nel tempo saremo in grado di dire che quella donna potrebbe avere un maggiore suscettibilità a sviluppare un tumore all’ovaio o una malattia cardiovascolare o una patologia autoimmune“.