Si torna a parlare della tragedia di Rigopiano avvenuta ormai circa otto anni fa. L’Asl locale ha chiesto alla mamma di una vittima il pagamento di un soccorso.
Il caso è emerso in queste ore, tra rimpalli di responsabilità ed il ricordo di un dramma impresso nella memoria dei familiari delle vittime. “Una beffa“, hanno commentato i parenti della donna. “Colpa del sistema automatico“, si sono invece affrettati a rispondere dall’Azienda Sanitaria.
L’Asl di Pescara ha chiesto una cifra irrisoria (40,97 euro) come pagamento per il soccorso di una donna che si era sentita male all’ospedale di Penne. Un mancamento avvenuto dopo la richiesta della descrizione delle caratteristiche somatiche di Marco Tanda, suo figlio, uno dei dispersi sotto la valanga che aveva sepolto il resort. Un cosiddetto “codice bianco”, insomma, che prevede appunto il pagamento del ticket.
Il fratello della vittima, Giacomo, oggi è il presidente del Comitato familiari delle vittime di Rigopiano. Ha commentato con amarezza l’episodio: “È una beffa questa lettera. Dopo otto anni ci fa rivivere quei momenti drammatici che la mente invece vorrebbe cancellare”. L’uomo ha aggiunto: “Si era sentita male dopo che le avevano comunicato che doveva descrivere esattamente le caratteristiche del figlio. E lì sfidiamo chiunque a non sentirsi male”.
Le scuse sono arrivate direttamente dal manager della Asl di Pescara, Vero Michitelli. Attraverso una nota ufficiale si è offerto di pagare personalmente la cartella esattoriale ricevuta dalla donna. Specificando, inoltre, che si è trattato di un atto automatico previsto dalle normative.
Rigopiano, a quasi otto anni dalla tragedia
La valanga di Rigopianosi è verificata alle 16 e 48 del 18 gennaio del 2017, quando una slavina che ha investito totalmente l’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort causando la morte di 29 persone. Sono stati invece 11 i feriti e sopravvissuti. 9 di loro sono stati estratti direttamente dalle macerie.
La Procura di Pescara, aveva ufficialmente aperto un’inchiesta su quanto accaduto per cercare di capire se ci fossero eventuali responsabilità sull’idoneità della struttura portante del resort. Era emerso un precedente legato proprio all’albergo in seguito della ristrutturazione che nel 2007 aveva introdotto un centro benessere con indagini di presunto reato di occupazione abusiva di suolo pubblico. Nel 2016 gli imputati erano stati tutti assolti in primo grado perché secondo i giudici il fatto non sussisteva.
A seguito di un’inchiesta del Secolo d’Italia, poi, si era parlato di una possibile costruzione dell’edificio sui detriti di una precedente valanga del 1936. Uno studio nel 1999 aveva poi evidenziato come l’albergo sorgeva effettivamente in una zona a rischio senza che fosse poi interessato da lavori di ristrutturazione.
Come è andato avanti il processo?
Il processo è poi andato avanti nei successivi gradi di giudizio con diverse condanne. L’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo era stato assolto in primo grado, ma le sentenze d’appello l’hanno portato a una condanna di un anno e otto mesi per falso e omissioni di atti d’ufficio. Tra i condannati anche il tecnico comunale Enrico Colangeli a due anni e otto mesi per omicidio colposo e lesioni plurime. Il dirigente della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco ha rimediato invece un anno e quattro mesi per falso. Anche questi ultimi erano stati assolti in primo grado.
Confermate le sentenze di primo grado invece per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e per i due funzionari della Provincia Mauro Di Blasio e Paolo D’incecco oltre che per l’ex gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso e il consulente della relazione tecnica Giuseppe Gatto.