Durante il prossimo anno, molti lavoratori potranno lasciare l’impiego usufruendo di vari strumenti: quali sono ed i requisiti.
Nel 2025 saranno migliaia gli italiani che lasceranno il lavoro per andare in pensione. Oltre alla pensione di vecchiaia, esistono vari meccanismi per ritirarsi in anticipo dal lavoro, misure di flessibilità che il Governo sta valutando di confermare anche per il prossimo anno.
L’ok definitivo arriverà dopo l’approvazione della Legge di Bilancio, prevista entro la fine dell’anno e al momento all’esame del Parlamento. Per ognuna delle misure che consentono di lasciare l’impiego in anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, però, sarà necessario rispettare determinati requisiti anagrafici e contributivi. Scopriamo chi potrà andare in pensione durante il prossimo anno.
Pensione 2025, chi potrà lasciare il lavoro durante il prossimo anno
Quello delle pensioni è uno dei temi centrali della Manovra 2025 che nelle prossime settimane verrà approvata con le misure previste che, invece, entreranno in vigore dal prossimo anno. Per quanto riguarda le pensioni, oltre al ritorno al meccanismo a scaglioni per la rivalutazione degli assegni, la decisione più importante è la conferma dei meccanismi come Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna che anche nel 2025 consentiranno di lasciare in anticipo l’impiego.
La prima modalità per andare in pensione durante il prossimo anno è la pensione di vecchiaia, rimasta invariata. Per richiederla sarà necessario aver compiuto 67 anni di età e maturato 20 anni di contributi. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 dovrà anche aver maturato un assegno almeno pari all’importo dell’Assegno Sociale (540 euro nel 2025).
Per quanto riguarda le pensioni anticipate, si potrà usufruire anche di Quota 103: la misura che consente di ritirarsi dal lavoro a chi ha compiuto 62 anni e versato 41 anni di contributi. Sarà possibile nel 2025 anche andare in pensione attraverso Opzione Donna, la pensione anticipata riservata alle lavoratrici che hanno maturato 35 anni di contributi e compiuto il 61esimo anno di età, che scende di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due.
Confermata, come anticipato, anche l’Ape Sociale che permette di ritirarsi dal lavoro a chi rientra nei seguenti casi di difficoltà: disoccupazione; disabilità oltre il 74%; persone che assistono da almeno 6 mesi un familiare disabile e lavoratori che hanno maturato 36 anni di contributi, di cui almeno 7 degli ultimi 10 impegnati in professioni considerate gravose. Questo strumento non è una vera e propria pensione, ma un’indennità che viene corrisposta sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Potranno andare in pensione, sfruttando Quota 41, anche quelli che vengono definiti “lavoratori precoci”. Questa misura è riservata a chi ha maturato 41 anni di anzianità contributiva, di cui almeno 35 effettivi e 1 versato prima dei 19 anni di età. Inoltre, è necessario che il lavoratore appartenga ad una di queste categorie: disoccupati, invalidi, caregiver e addetti ai lavori gravosi.
Un’altra possibilità per lasciare il lavoro è la pensione anticipata contributiva a cui possono accedere i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e versato almeno 20 anni di contributi e compiuto 64 anni di età. È necessario, però, aver anche maturato un importo mensile tre volte pari all’Assegno Sociale (circa 1.620 euro), importo che scende a 2,8 volte l’Assegno Sociale per chi ha un figlio e 2,6 volte per chi ha almeno due figli.
Infine, esiste anche l’isopensione, ossia la modalità che fa scendere di 4 anni l’età pensionabile per i lavoratori del settore privato per aziende che abbiano più di 15 dipendenti. Anche in questo caso, come l’Ape Sociale, si tratta di un’indennità sino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.