Il momento che temevamo è arrivato: l’intelligenza artificiale è sempre più vicina a soppiantarci e anche il marketing ce lo fa notare.
L’avvento dell’intelligenza artificiale (AI, all’inglese) ha segnato un punto di svolta nella storia dell’umanità, aprendo le porte a un futuro in cui la tecnologia potrebbe assumere ruoli sempre più centrali nelle nostre vite. Questa transizione, tuttavia, non è priva di controversie e preoccupazioni, soprattutto per quanto riguarda l’impatto sul mondo del lavoro.
Recentemente, una startup di intelligenza artificiale denominata Artisan ha scatenato un acceso dibattito con la sua campagna pubblicitaria dallo slogan provocatorio: “Stop hiring human” (“Smetti di assumere umani”). Promuovendo l’utilizzo di agenti AI in sostituzione degli esseri umani nei settori del servizio clienti e delle vendite, Artisan sostiene che l’intelligenza artificiale sia non solo più efficiente ma anche più redditizia rispetto alla forza lavoro umana. Queste affermazioni hanno sollevato interrogativi etici significativi e alimentato timori riguardo alla sicurezza dei posti di lavoro attuali.
300 milioni di posti di lavoro a rischio (ma la BCE cerca di calmare le acque)
Secondo alcuni analisti, il futuro potrebbe vedere fino a 300 milioni di posti di lavoro interessati da questa rivoluzione tecnologica. Tuttavia, si argomenta anche che l’AI possa liberare i dipendenti da compiti ripetitivi permettendo loro di dedicarsi ad attività più complesse e gratificanti. Nonostante queste prospettive ottimistiche, la Banca Centrale Europea ha cercato di calmare gli animi sottolineando come le voci che parlano della fine del lavoro umano causata dall’intelligenza artificiale possano essere esagerate (che poi andrebbe anche bene, la fine del lavoro in sé: l’importante sarebbe un reddito universale a support).
La campagna pubblicitaria esterna lanciata da Artisan ha suscitato reazioni miste tra il pubblico. Con messaggi quali “gli agenti non si lamentano dell’equilibrio tra lavoro e vita privata” e “l’era dei dipendenti dell’intelligenza artificiale è arrivata”, i manifesti hanno provocato non poco scalpore tra i lavoratori preoccupati per il proprio futuro professionale.
Jaspar Carmichael-Jack, CEO della controversa startup, difende con vigore la scelta comunicativa adottata dall’azienda: “Volevamo attirare l’attenzione e suscitare interesse… provocare un po’ di rabbia nel grande pubblico.” Secondo Carmichael-Jack, lo scopo era quello di distinguersi in un mercato affollato attraverso un approccio audace che ha effettivamente generato una vasta eco mediatica oltre a minacce ed espressioni d’indignazione da parte della comunità online.
Nonostante le polemiche scatenate dalla sua campagna marketing estrema – descritta dallo stesso CEO come fonte della crescita mensile più rapida mai registrata dall’azienda – rimane aperta la questione fondamentale: quale sarà il destino dei lavoratori umani nell’era dell’intelligenza artificiale? La promessa dell’Ars Technic secondo cui l’intelligenza artificiale aumenterà la produttività sembra offrire una visione positiva; tuttavia, resta da vedere come questa transizione influenzerà realmente le vite delle persone coinvolte.
In questo contesto dinamico ed incerto emerge chiaramente una necessità impellente: quella di avviare una riflessione profonda sull’impatto sociale ed economico dell’introduzione su larga scala delle tecnologie AI nel mondo del lavoro. Sarà fondamentale garantire che tale evoluzione tecnologica proceda in modo etico ed equilibrato per evitare scenari distopici dove macchine prive d’anima prendono il sopravvento su aspetti fondamentali della nostra esistenza quotidiana.