hIn questi giorni si è tornati a parlare di Amivantamab un farmaco salvavita che costa 6mila euro e che prevede una lunga trafila per il rimborso.
Amivantamab si somministra per via endovenosa ed è un anticorpo bispecifico con attività nei confronti dei recettori Egf e di Met.
A oggi viene utilizzato per fermare la progressione dell’Adenocarcinoma polmonare. I dati dello studio Mariposa-2, un trial sperimentale, sono stati presentati in congressi come Asco e Esmo mostrando come riduca il rischio di morte del 52% rispetto alla sola chemioterapia. Ricordiamo che la patologia colpisce soprattutto le donne.
In Italia però, confermano gli oncologi, il processo di approvazione è lungo con il farmaco che viene reso rimborsabile non prima di 18 mesi dall’approvazione dell’Ema. Un tempo che molte persone malate non hanno a disposizione e che possono portare direttamente alla morte. Proprio per questo è scattata la polemica che obbliga a prendere dei provvedimenti il prima possibile per cercare di rendere la cura maggiormente accessibile soprattutto alle fasce in difficoltà economica, ma visti i costi anche alla fascia media.
Amivantamab, dove nasce la polemica
La polemica sull’Amivantamab torna protagonista grazie alla petizione su Change.org di Clara L. che ha superato le 35mila firme e che lamenta una situazione inaccettabile a fronte della patologia accusata da suo padre.
Questi, 65enne non fumatore e sportivo, si è ritrovato di fronte alla diagnosi di Adenocarcinoma Polmonare al IV stadio. La ragazza, 30enne, spiega come in Italia chi ha questa patologia, con mutazione genetica Egfr esone 19, si trova fronteggiata da un farmaco biologico che sviluppa purtroppo una farmaco resistenza. Si passa poi all’unica cura disponibile e approvata dall’Aifa, dunque rimborsabile dal Sistema Sanitario Nazionale, la chemioterapia.
La classica cura per i tumori non è efficace per questa mutazione genetica se non per pochissimo tempo. L’Amivantamab però dà sicuramente una soluzione, tanto più che è stato approvato, in combinazione con la chemio, in seconda linea dall’Ema ad agosto 2024 e dall’Fda a settembre 2024. Di fatto poi riduce il rischio di morte del 52%.
Questo farmaco potrebbe concedere più tempo al malato con i propri cari, ma, a causa della burocrazia, le famiglie non potranno averne accesso se non a proprie spese e cioè 6mila euro a infusione da ripetere poi ogni tre settimane. Un budget che davvero in pochissimi si possono permettere nel nostro Paese.
“Tutti gli italiani affetti dalla patologia di mio padre – ha raccontato Clara – che hanno una progressione di malattia dopo il fallimento della prima linea di trattamento in questo momento storico sanno che esiste un farmaco che potrebbe concedere loro del tempo in più con i propri cari. Ma che, a causa della burocrazia, non potranno avervi accesso se non a proprie spese e che saranno lasciati al proprio destino“.