Le autorità sanitarie di Reykjavik, capitale dell’Islanda, hanno confermato che un gatto è morto a causa di un’infezione da virus dell’influenza aviaria H5N5.
Un caso per nulla trascurabile, data la grande capacità del virus di mutare. Alcuni ceppi erano stati trasmessi anche ai mammiferi, tra cui bovini, e animali da compagnia, in particolare gatti appunto.
La conferma che l’influenza aviaria è giunta in Europa è stata fornita dall’Autorità alimentare e veterinaria islandese (Mast). La fonte del contagio è stato probabilmente un uccello infetto. Il caso risale a fine dicembre. Il gatto è deceduto dopo due giorni di malattia. Con ogni probabilità anche un altro gatto appartenente alla stessa cucciolata è deceduto per la stessa causa. Il corpo del gattino di 10 settimane è stato trasferito al laboratorio di patologia dell’Università d’Islanda.
La notizia proveniente dal nord Europa segue di pochi giorni il primo decesso per influenza aviaria in Louisiana, negli Stati Uniti, di un uomo il 6 gennaio scorso. Il 65enne era stato infettato dal virus entrando in contatto con pollame non commerciale e uccelli selvatici. Ad aggravare le sue condizioni di salute, problemi respiratori pregressi. Nell’approfondimento che Notizie.com ha dedicato alla questione, gli esperti erano concordi col non abbassare la guardia.
Non è certo che mantenga la non diffusibilità interumana
Il virus, infatti, che al momento non si trasmette tra esseri umani, ha già fatto registrare un salto di specie da ovini a bovini nell’ultimo anno. Dunque non è certo che mantenga la non diffusibilità interumana. Sul caso è stato costretto ad intervenire in queste ore anche l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che ha diffuso una serie di informazioni. Specificando che negli Usa si stanno verificando una serie di focolai “che coinvolgono in particolare gli allevamenti di bovini da latte, con centinaia di casi negli animali e alcune decine di contagi nell’uomo”
Nell’uomo generalmente la sintomatologia è lieve ed è associata per lo più a congiuntivite. Talvolta i sintomi coinvolgono le vie respiratorie superiori. Al momento in Italia non si segnalano infezioni in allevamenti di bovini. Mentre, come accade ormai da diversi anni, ci sono stati focolai in allevamenti di volatili analogamente ad altri Paesi europei. Al momento non c’è nessuna conferma della possibilità di una trasmissione da uomo a uomo dei virus aviari, e non sono stati riportati casi nell’uomo nell’Unione Europea.
Il contatto con il virus, lo scudo europeo
In Italia la sorveglianza dei virus dell’influenza aviaria negli animali è affidata ai servizi veterinari. La principale via attraverso cui è possibile contrarre l’infezione da virus aviari dagli animali è l’inalazione di particelle solide o liquide contaminate dal virus. Inalazione dovuta, ad esempio, all’esposizione ad animali o a prodotti infetti. Il rischio di entrare in contatto con prodotti contenenti il virus è minimizzato dalle misure di sicurezza previste dalle normative che, ad esempio, impongono l’abbattimento e lo smaltimento sicuro dei capi degli allevamenti in cui vengono trovati animali positivi.
“Ci sono pericoli per gatti o cani? – hanno fatto sapere dall’Iss – Non si può escludere un rischio di possibile infezione, se pur considerato basso, per gatti o cani, se, per esempio, vivono a contatto con uccelli infetti. È importante evitare, per quanto possibile, il contatto con uccelli selvatici, in vita o deceduti, soprattutto in aree in cui è stata riscontrata la presenza di virus aviari ed evitare di alimentarli con carne cruda o altri prodotti provenienti da allevamenti non controllati durante i periodi di circolazione virale”.