“Nell’area di Santorini si è verificato il terremoto più forte degli ultimi anni nel mar Mediterraneo, nel 1956, con una magnitudo di 7.5, che ha causato uno tsunami con onde alte 20 metri. Non è prevedibile come evolverà l’escalation”.
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, è Giuseppe Matrolorenzo, primo ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Abbiamo analizzato con lo studioso la crisi sismica in corso in queste ore presso l’isola greca di Santorini.
“L’isola è prossima ad un’area di subduzione – ha spiegato Mastrolorenzo – interessata allo scontro tra Africa ed Eurasia. Qui ci sono faglie attive di grande estensione e grandi magnitudo potenziali. Anche nel 2010 si è verificata una crisi sismica. Se ci sono faglie sulla soglia di rottura, i terremoti cominciano a diventare di magnitudo importante. Non è possibile fare previsioni”.
Mastrolorenzo in esclusiva a Notizie.com: “Santorini è una delle aree vulcaniche a maggior rischio in assoluto”
Lo sciame sismico sta facendo tremare da giorni la regione dell’Egeo ormai da giorni. La scossa più forte è stata registrata lunedì scorso con una magnitudo di 4.9. Tutte le scuole sull’isola e sulle isole vicine di Amorgos e Ios rimarranno chiuse fino a venerdì. Migliaia di turisti e residenti hanno già lasciato Santorini. Sono stati predisposti servizi aggiuntivi di aerei e traghetti. Una delle maggiori preoccupazioni è legata alla situazione della caldera di Santorini.
“I terremoti vulcanici hanno un’origine locale. – ha continuato lo studioso – Santorini è una delle aree vulcaniche a maggior rischio in assoluto. Qui sono avvenute le più grandi eruzioni in assoluto nel Mediterraneo qui. Nel 1600 a. C. è avvenuta la cosiddetta eruzione minoica. Il vulcano ha eruttato qualcosa come 60 miliardi di metri cubi di magma. Un’eruzione una dozzina di volte superiore a quella che distrusse Pompei. Ciò ha portato ad un’ulteriore collasso della caldera, in maniera simile a ciò che è accaduto per i Campi Flegrei”.
Il premier greco Kyriakos Mitsotakis ha lanciato numerosi appelli alla calma. Ha affermato che i cittadini devono collaborare con le autorità e che la Grecia ha una comunità scientifica riconosciuta a livello mondiale che si occupa delle problematiche legate ai terremoti e ai vulcani. Mitsotakis ha comunque invitato la popolazione che si trova nelle zone costiere a spostarsi in luoghi più sicuri. Le strutture maggiormente monitorate in queste ore sono i complessi vulcanici Nea Kameni e Kolumbo e le faglie sottomarine.
“L’eruzione minoica che si è verificata 3600 anni fa ha generato un grande tsunami tra i responsabili della fine della civiltà minoica. – ha affermato il primo ricercatore Ingv – Sono stato spesso ad Akrotiri, l’antica città di Santorini, per motivi di studio. C’è una situazione simile a quella di Pompei. La città fu seppellita da pomici e ceneri, ma non sono state trovate vittime. È probabile che ci siano stati precursori lunghi e forti tali che la popolazione si è allontanata. Chi è andato via in questi giorni non si è sentito rassicurato dalle autorità. Del resto, credo che nessuno possa garantire nulla. Benché monitorata l’area, qualsiasi previsione è infondata. Si può solo sperare che la crisi rientri”.
Il rischio tsunami nel mar Mediterraneo
Secondo Mastrolorenzo, un terremoto di magnitudo superiore a 7 potrebbe generare uno tsunami. Un sisma sul fondo dell’Egeo, che raggiunge una profondità anche di 2/3mila metri, può innescare una perturbazione nella colonna d’acqua ed irradiare uno tsunami che si propagherebbe in maniera velocissima nel mar Mediterraneo. Le onde viaggerebbero a centinaia di chilometri orari, e il Mediterraneo sarebbe attraversato in poche ore.
“Storicamente gli tsunami del Mediterraneo hanno raggiunto altezze di alcune decine di metri, per cui già a 50 metri sul livello del mare la popolazione sarebbe in sicurezza. – ha concluso il ricercatore – Ma bisogna avere dei sistemi anti tsunami che avvertono rapidamente la popolazione costiera. In Italia questa, in teoria, è una delle azioni previste da It-alert. Bisogna seguire la crisi e capire quali sono le strutture interessate dalle sequenze sismiche. Conosciamo solo in parte le strutture tettoniche e ogni nuova sequenza ci porta a scoprire altre faglie sismogenetiche”.