I percettori della Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) si chiedono se sia possibile pignorare l’indennità: cosa stabilisce la legge in merito.
Il pignoramento è uno dei provvedimenti più temuti dai contribuenti che hanno un debito con il Fisco o con altri creditori. Questo procedimento rappresenta l’atto con cui ha inizio l’espropriazione forzata verso un soggetto per il recupero di una somma dovuta.
Secondo quanto stabilisce la legge, il provvedimento non interessa solo gli immobili ed i conti correnti, ma può essere applicato anche su stipendi e pensioni, ma seguendo delle precise indicazioni. Esistono, difatti, dei limiti al di sotto dei quali non è possibile procedere con l’esecuzione forzata. In molti si chiedono se il pignoramento possa essere applicato anche sulla Naspi, l’indennità di disoccupazione erogata dall’Inps, e se eventualmente sono previsti dei limiti. Capiamo cosa dice la legge in merito.
Pignoramento Naspi, i limiti stabiliti dalla legge per il provvedimento
Anche la Naspi, l’indennità di disoccupazione riservata ai lavoratori che hanno perso l’impiego, può essere pignorata se il percettore non ha saldato un eventuale debito. Nello specifico, secondo la legge, difatti, qualsiasi tipologia di indennità proveniente da un rapporto di lavoro può essere soggetta al provvedimento di esecuzione forzata.
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Così come per gli stipendi o le pensioni, anche per la Naspi, i cui importi sono stati aggiornati per il 2025, sono previsti dei limiti specifici al di sotto dei quali il pignoramento viene considerato illegittimo in modo da tutelare il debitore e garantirgli il cosiddetto ”minimo vitale”, ossia un importo necessario alla sopravvivenza. Quest’ultimo è pari alla somma stabilita annualmente per l’assegno sociale (534,41 euro per il 2024) aumentato della metà.
Secondo la normativa, dunque, il pignoramento può essere applicato solo alla parte dell’importo eccedente il minimo vitale destinato al percettore della Naspi e per un massimo di un quinto. Per fare un esempio, se il debitore percepisce un’indennità di 1.000 euro al mese, bisogna prima sottrarre il minimo vitale, pari a 801,62 euro e sulla parte eccedente (198,38 euro) calcolare un quinto: sarà possibile, dunque, pignorare solamente circa 39,70 euro. Questo avviene se l’indennità non è stata ancora incassata ed il pignoramento direttamente in capo all’Inps.
Nel caso in cui gli importi siano stati già percepiti e versati sul conto corrente del debitore, si applica un altro calcolo. Il provvedimento può avvenire solo sulla parte che eccede il triplo dell’assegno sociale Inps (1.603,23 euro). Facendo un esempio pratico, se su un conto corrente sono presenti 4mila euro, la parte che può essere “aggredita” ammonta a 2.396,77 euro (4.000 – 1.603,23) così da garantire sempre il “minimo vitale”.