Sarebbero 3.339 le tonnellate di rifiuti sversati, interrati, nascosti in capannoni o bruciati tra le province di Taranto, Cosenza, Avellino e Matera.
Il modus operandi era quello che gli stessi protagonisti dei traffici illeciti in più occasioni chiamavano Sistema Botticelli, dal nome di uno dei principali indagati dell’inchiesta. I danni per l’ambiente sono incalcolabili, a fronte di un guadagno calcolato, invece, in circa un milione di euro.
Sono solo alcuni dei dettagli che emergono dagli atti dell’indagine che hanno portato ieri i carabinieri del Noe di Lecce e Bari, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda), ad arrestare 9 persone. Nelle oltre 400 pagine siglate dalla gip leccese Tea Verdoliva, che Notizie.com è stata in grado di visionare, è descritto il traffico di rifiuti che potenzialmente ha causato la nascita di nuove terre dei fuochi.
Il ruolo dell’impianto della Eko srls
L’attività delle forze dell’ordine è stata portata alla luce, tra l’altro, a pochi giorni dalla condanna per l’Italia sancita dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) proprio per inadempienze per la gestione della Terra dei Fuochi, l’area tristemente nota per il traffico di rifiuti tra le province di Napoli e Caserta.
Fulcro dell’inchiesta dell’Antimafia di Lecce, invece, il cosiddetto Sistema Botticelli. Tra gli indagati, infatti, compare il nome di Claudio Botticelli, 66enne di Albano Laziale, amministratore unico della Eko srls. La società risulta titolare di un impianto di conferimento rifiuti sotto sequestro e non operativo a Onano, in provincia di Viterbo. Le oltre 3mila tonnellate di rifiuti seguite passo dopo passo dal Noe sarebbero dovute essere smaltite proprio qui.
E così è avvenuto. Ma solo sulla carta. In realtà la spazzatura è stata inviata in siti non autorizzati in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata. 37, in totale, gli indagati accusati a vario titolo di associazione a delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, impedimento al controllo e gestione illecita di rifiuti.
I rifiuti speciali, organizzati in balle reggiate, erano composti prevalentemente da scarti provenienti da industrie e dalla frazione indifferenziata. “Al fine di conseguire un ingiusto profitto, – si legge in una nota dei carabinieri – rappresentato dal risparmio di spesa, derivante dalla mancata attivazione delle corrette procedure di gestione dei rifiuti prescritte dalla legge, venivano trasportati e smaltiti abusivamente presso terreni o capannoni abbandonati”.
Una procedura molto ben collaudata
Tra i siti individuati dalle forze dell’ordine quelli di Villapiana e Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza. E poi Ferrandina, non lontano da Matera, e Pulsano, in provincia di Taranto. Una procedura molto ben collaudata quella del Sistema Botticelli, fondata sulla classificazione fittizia dei rifiuti da parte degli impianti di produzione. La falsa documentazione che ne scaturiva consentiva di trasportare i rifiuti poi abbandonati illecitamente.
Le aree interessate, alcune di particolare pregio naturalistico, affacciate su strade comunali e
provinciali a ridosso delle aree rurali più isolate, sono divenute autentiche discariche abusive a cielo aperto. Qui i rifiuti, una volta scaricati, in alcune circostanze venivano dati alle fiamme, rendendo l’aria irrespirabile. L’attività criminale ha consentito agli indagati di introitare un milione di euro, somma per cui è scattato il sequestro per equivalente.