La fast fashion dovrà riciclare i propri rifiuti, (finalmente) la stretta Ue sulle aziende da oltre 12 milioni di scarti tessili l’anno

L’Europa obbligherà le società della fast fashion a raccogliere, selezionare e riciclare i “propri” rifiuti tessili. In arrivo misure anche contro lo spreco alimentare.

Protesta fash fashion
La fast fashion dovrà riciclare i propri rifiuti, (finalmente) la stretta Ue sulle aziende da oltre 12 milioni di scarti tessili l’anno (ANSA FOTO) – Notizie.com

Sono questi i principali risultati dell’ultimo round di negoziati tra Ue e produttori che entreranno gradualmente in vigore nei prossimi tempi. Negoziati più che necessari. Ogni anno in Europa vengono prodotte 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari e 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

Ad occuparsi delle questioni su cui si fonda il futuro dell’Unione, la Commissione Envi (Commissione parlamentare europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare), in accordo con il l’Europarlamento e con il Consiglio europeo. Il limite massimo di tempo prefissato è il 31 dicembre 2030. E si tratta di obblighi vincolanti sia per lo spreco alimentare sia per il riciclo dei rifiuti tessili.

Durante l’ultimo round di negoziati, – ha spiegato Anna Zalewska (Ecr) – il Parlamento è riuscito a garantire disposizioni che garantiscano che i rifiuti alimentari e tessili come parte dei rifiuti urbani saranno ulteriormente ridotti. Siamo riusciti a garantire disposizioni fattibili e realistiche affinché gli Stati membri implementino politiche di riduzione dei rifiuti alimentari e siamo riusciti a garantire che il settore agricolo non subirà un impatto negativo”.

Per quanto riguarda lo spreco alimentare, è stato deciso che i rifiuti dovranno essere ridotti del 10% nella lavorazione e produzione alimentare e il 30% nel commercio al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi di ristorazione e nelle famiglie. Sostanzialmente i Paesi Ue dovranno adottare misure per garantire che gli operatori economici facilitino la donazione di cibo invenduto che sia sicuro per il consumo umano.

Le aziende tessili che commerciano in Europa, invece, dovranno coprire i costi per la loro raccolta, selezione e riciclo. Le disposizioni si applicheranno indistintamente a tutti i produttori. Compresi quelli che utilizzano strumenti di commercio elettronico e indipendentemente dal fatto che abbiano sede o meno in un Paese dell’Unione europea. Ciò vale principalmente per i giganti del settore, ma le cosiddette microimprese non saranno esenti. Queste ultime avranno un anno in più di tempo per rientrare nei parametri europei.

Zalewska (Ecr): “Siamo riusciti a ridurre gli oneri amministrativi”

Le nuove norme riguarderanno prodotti di abbigliamento e accessori, calzature, coperte, biancheria da letto e da cucina, tende, cappelli. La discussione è ancora aperta, invece, per i produttori di materassi. I negoziatori hanno inoltre concordato che gli Stati membri dovranno tenere conto della ultra fast fashion e delle pratiche di fast fashion quando stabiliscono i contributi finanziari. “Abbiamo anche istituito – ha concluso Zalewska – il quadro giuridico per garantire che i produttori contribuiscano all’efficace raccolta differenziata dei tessili che producono. Siamo riusciti a ridurre l’onere amministrativo sia per gli Stati membri sia per gli operatori economici“.

Protesta ultra fash fashion
Zalewska (Ecr): “Siamo riusciti a ridurre gli oneri amministrativi” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Ogni anno, nell’Ue vengono generati quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari (132 kg a persona) e 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. Solo abbigliamento e calzature rappresentano 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti, equivalenti a 12 kg di rifiuti a persona ogni anno. Si stima che meno dell’1% di tutti i tessuti nel mondo venga riciclato in nuovi prodotti. Del caso ci eravamo già occupati nella nostra inchiesta intitolata Trash fashion: l’Italia, il Ghana, l’Antitrust e la moda veloce poco green.

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