Ci sarebbe il caso Huawei, il nuovo presunto scandalo di corruzione esploso intorno al Parlamento europeo, dietro l’arresto di Lucia Simeone detta Luciana, 47enne collaboratrice del parlamentare europeo di Forza Italia Fulvio Martusciello.
La donna, originaria di Ercolano in provincia di Napoli, è stata rintracciata e arrestata dalla polizia di stato in un albergo a Marcianise, nel Casertano. Simeone è stata colpita da un mandato di arresto europeo emesso dalla Procura federale del Belgio.
Le accuse mosse sono pesantissime: associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione. Simeone, individuata grazie al sistema web alloggiati da cui era partito un alert, è stata condotta nel carcere napoletano di Secondigliano. È assistita dall’avvocato Antimo Giaccio, del foro di Napoli. Sarà interrogata domani dalla giudice Corinna Forte della Corte d’Appello di Napoli. L’inchiesta belga sul colosso cinese delle telecomunicazioni ha già portato ad altri quattro arresti di lobbisti a Bruxelles e a diverse perquisizioni.
Tra le altre persone già finite in manette c’è anche il portoghese Nuno Whahnon Martins, un altro lobbista ex consigliere politico per il Medio Oriente al Parlamento europeo proprio di Fulvio Martusciello. “Vorrei capire di cosa rispondiamo, dove e quando si sono verificati i fatti: il minimo indispensabile per potersi sottoporre all’interrogatorio di sabato. – ha spiegato Giaccio – La questione è anche capire di cosa sia in possesso l’autorità giudiziaria italiana, perché se dispone solo di un provvedimento striminzito senza altri dettagli diventa tutto più difficile”.
L’altra indagine sui rimborsi gonfiati
Il nome di Martusciello era già emerso qualche ora prima dell’arresto di Lucia Simeone per presunte irregolarità nelle loro note spesa. L’attuale capodelegazione di Forza Italia, attualmente non indagato, è finito sotto la lente della Procura europea (Eppo) insieme all’ex eurodeputato di Azione Giuseppe Ferrandino. L’indagine, avviata oltre un anno fa, ha portato la polizia belga a monitorare i due politici su richiesta dei magistrati europei. Il sospetto è di aver falsificato le firme relative alle presenze in aula per ottenere indebitamente l’indennità giornaliera di 350 euro.
Secondo l’Eppo, i due si sarebbero firmati a vicenda la partecipazione ai lavori parlamentari, anche quando solo uno dei due era effettivamente presente. Così da incassare il massimo dei rimborsi. Le incongruenze sarebbero emerse a seguito della segnalazione di un funzionario incaricato di registrare le presenze. Dubbi sono stati sollevati anche su alcuni rimborsi per i trasporti. Martusciello ha respinto le accuse, affermando che si tratta di “questioni risalenti a quattro anni fa, già chiarite con gli uffici dell’Europarlamento“. Non è chiaro, però, se e in che modo i due filoni d’inchiesta siano legati.
Un “network” di tangenti, regali e favori
Nel mosaico dell’indagine legata a Huawei i sospetti degli inquirenti belgi ruotano intorno al possibile coinvolgimento di ex e attuali eurodeputati e assistenti parlamentari nel presunto giro. Un “network” di tangenti, regali e favori orchestrato dall’italo-belga Valerio Ottati, alla guida degli affari Ue del gigante cinese. L’obiettivo eraorientare la politica europea a favore degli interessi cinesi. Il nome di Martusciello era già stato accostato all’inchiesta complice la firma su una lettera, datata 4 gennaio 2021, sottoscritta da altri parlamentari europei e redatta, secondo diverse fonti, dallo stesso Ottati.
Il documento, indirizzato ai vertici della Commissione Ue, chiedeva di escludere il 5G dal dibattito politico scongiurando il bando delle apparecchiature cinesi dalle infrastrutture europee. Una sollecitazione politica poi caduta nel vuoto. Bruxelles ha poi deciso, il 15 giugno 2023, di raccomandare ai Ventisette di tagliare fuori dalle loro reti Huawei e Zte perché ad alto rischio per la sicurezza nazionale. L’inchiesta ricorda molto quelle riguardanti Qatar e Marocco emerse alcuni anni fa.