Non è cosa nota ai più, ma ci sono decine di aziende in tutto il mondo che producono, e vendono, dna “personalizzato”.
I clienti maggiormente interessati ad acquistare i minuscoli filamenti di acidi nucleici personalizzati appartengono al mondo accademico ed industriale. Fin qui nulla di male. Ma cosa accadrebbe se tra quei “clienti” si infiltrassero emissari di gruppi criminali?
È il quesito, per nulla scontato, che si sono posti in questi giorni Steph Batalis, ricercatrice presso il Center for security and emerging technology (Cset) della Georgetown University, e Vikram Venkatram, analista di ricerca presso lo stesso centro statunitense. I due hanno recentemente pubblicato un articolo sul Bulletin of the atomic scientists riguardante proprio il rischio bioterrorismo.
Vendita di dna, lo screening dei clienti
Un rischio mai così alto come adesso. Tutto ruoterebbe attorno allo screening dettagliato dei clienti che l’amministrazione del presidente democratico Joe Biden aveva reso obbligatorio per le aziende che lavorano con fondi federali. E che il suo successore, Donald Trump, ha revocato subito, meno di tre mesi dopo la sua entrata in vigore. Molte delle principali aziende che sintetizzano dna si sono comunque impegnate ad effettuare volontariamente gli screening.
Ma il problema resta, ed è a monte. Perché lo stesso screening è ambiguo e privo di linee guida. Come individuare un terrorista in mezzo ad un gruppo di scienziati? Quali criteri seguire? Quelle provette di plastica servono ai ricercatori e agli studenti nei laboratori di biologia universitaria, e agli scienziati nei centri di sviluppo farmaceutico.
La capacità di eseguire ingegneria genetica, progettare nuovi test e terapie mediche e comprendere le funzioni dei geni è aumentata vertiginosamente grazie alla capacità di progettare sequenze di dna specifiche che soddisfano particolari obiettivi di ricerca.
È possibile quindi “ordinare” geni su misura. E alcuni codici di dna, la base della vita, possono contenere anche patogeni e tossine, sequenze che potrebbero causare gravi danni se utilizzate impropriamente. Per limitare tali conseguenze, esperti del settore, del governo e del mondo accademico raccomandano di esaminare attentamente gli ordini e i clienti prima di evaderli.
I ricercatori: “Classificare i clienti è soggettivo e ambiguo”
“Una delle principali carenze del processo decisionale finora – hanno spiegato Venkatram e Batalis – è la mancanza di linee guida e criteri decisionali chiari per condurre lo screening dei clienti. I fornitori dovrebbero impegnarsi a esaminare attentamente gli ordini contenenti sequenze potenzialmente preoccupanti per capire chi le ha ordinate e perché.
“Sequenze di dna potenzialmente rischiose, come i geni patogeni che contribuiscono alla virulenza, potrebbero essere necessarie, ad esempio, per studiare le malattie e progettare vaccini. Pertanto, è necessario lo screening dei clienti, non solo quello delle sequenze. Ma classificare i clienti come legittimi o illegittimi è soggettivo e spesso ambiguo“.