Papa Francesco ha posto l’accento sui limiti e sulle incoerenze della Chiesa, sui suoi peccati che sono quelli di “un popolo di peccatori che incontrano la misericordia di Dio”, e ha chiesto davanti agli scandali “il coraggio di fare verità, chiedere perdono e ricominciare umilmente”.
Francesco ha ricordato, nell’anno in cui prende forma il Sinodo della Chiesa locale e universale, che di fatto la Chiesa è un popolo in cammino “con tanti limiti ma con tanta voglia di servire e amare Dio”, e che per questo va protetta. “Oggi è comune, è di tutti i giorni, criticare la Chiesa, sottolinearne le incoerenze – ne sono tante! – sottolineare i peccati, che in realtà sono le nostre incoerenze, i nostri peccati, perché da sempre la Chiesa è un popolo di peccatori che incontrano la misericordia di Dio”, ha affermato il Papa con uno slancio spontaneo di cuore.
Il Papa: “Noi amiamo la Chiesa come è: Popolo di Dio in cammino”
“Domandiamoci se, in fondo al cuore, noi amiamo la Chiesa come è: come è. Popolo di Dio in cammino, con tanti limiti ma con tanta voglia di servire e amare Dio. Infatti, solo l’amore ci rende capaci di dire pienamente la verità, in maniera non parziale; di dire quello che non va, ma anche di riconoscere tutto il bene e la santità che sono presenti nella Chiesa”. Il Papa nel corso del suo intervento ha insistito su questo punto, che la Chiesa non è un’istituzione lontana o astratta ma è fatta dei suoi tanti fedeli. E che per questo è necessario, affinché resti in vita e prosperi, che vada amata e che si cammini insieme ad essa.
“La Chiesa non è quel gruppetto che è vicino al prete e comanda tutti, no. La Chiesa siamo tutti, tutti. In cammino. Custodirci uno l’altro, custodirci a vicenda. È una bella domanda, questa: io, quando ho un problema con qualcuno, cerco di custodirlo o lo condanno subito, sparlo di lui, lo distruggo? Custodire. Custodire”. La catechesi dell’udienza di oggi è l’ultima che Papa Francesco dedica al lungo ciclo su San Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Al centro dell’intervento del Papa in Aula Paolo VI c’è il verbo “custodire”, lo stesso che il Pontefice aveva scelto di mettere in risalto nella sua prima messa da Pontefice, 9 anni fa.
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Il Papa ha elencato cosa, a suo avviso, è necessario custodire oggi. “Custodire lo sviluppo umano, la mente umana, il cuore umano, il lavoro umano”, tutto questo per la semplice ragione che “il cristiano è come San Giuseppe, deve custodire”. Di conseguenza, “essere cristiano è non solo ricevere, confessare la fede, ma custodire la vita: la vita propria, la vita degli altri, la vita della Chiesa”. Un assunto che viene propria dall’essenza della fede cristiana, dalla figura di Gesù stesso che si è presentato al mondo non come un Dio spaventoso e temibile, ma come un bambino fragile e indifeso.
Il Papa chiede il coraggio di fare verità e chiedere perdono
“Il Figlio dell’Altissimo è venuto nel mondo in una condizione di grande debolezza”, ha ricordato il Papa citando la lettera apostolica Patris Corde, scritta in occasione dei 150 anni dalla proclamazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa cattolica. “Ha voluto aver bisogno di essere difeso, protetto, accudito. Dio si è fidato di Giuseppe, come ha fatto Maria, che in lui ha trovato lo sposo che l’ha amata e rispettata e si è sempre preso cura di lei e del Bambino”. Ed è per questo che, ha continuato il Papa, San Giuseppe “non può non essere il Custode della Chiesa, perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia, e nello stesso tempo nella maternità della Chiesa è adombrata la maternità di Maria”.
“Gesù, Maria e Giuseppe sono in un certo senso il nucleo primordiale della Chiesa. E anche noi dobbiamo sempre domandarci se stiamo proteggendo con tutte le nostre forze Gesù e Maria, che misteriosamente sono affidati alla nostra responsabilità, alla nostra cura, alla nostra custodia”, ha affermato il Papa nel corso della sua catechesi. “Giuseppe, continuando a proteggere la Chiesa, continua a proteggere il Bambino e sua madre, e anche noi amando la Chiesa continuiamo ad amare il Bambino e sua madre”.
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Per questo, ha concluso il Papa, “lì dove i nostri errori diventano scandalo, chiediamo a San Giuseppe di avere il coraggio di fare verità, chiedere perdono e ricominciare umilmente. Lì dove la persecuzione impedisce che il Vangelo sia annunciato, chiediamo a San Giuseppe la forza e la pazienza di saper sopportare soprusi e sofferenze per amore del Vangelo. Lì dove i mezzi materiali e umani scarseggiano e ci fanno fare l’esperienza della povertà, soprattutto quando siamo chiamati a servire gli ultimi, gli indifesi, gli orfani, i malati, gli scartati della società, preghiamo San Giuseppe perché sia per noi Provvidenza”.