Cent’anni di Pasolini, la Trilogia della Morte mai realizzata

A cent’anni dalla nascita di Pierpaolo Pasolini, una ricerca svela una saga cinematografica mai realizzata

“E io ritardatario sulla morte, in anticipo sulla vita vera, bevo l’incubo della luce come un vino smagliante”. Lo scriveva Pierpaolo Pasolini, in Poesia in forma di rosa. Poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano, domani, 5 marzo, ricorre il centenario della sua nascita.

La sua bibliografia è immensa, così come immense sono state le sue opere, capaci di lasciare un segno indelebile nella cultura italiana e mondiale. Pasolini, oltre che scrittore, era anche regista. Ma molti dei suoi film non hanno mai visto la luce: 32 quelli lasciati nel cassetto, contro i 16 titoli della filmografia ufficiale. Tra questi c’è anche “Porno-Teo-Kolossal”, film mai realizzato che avrebbe chiuso una saga cinematografica, la Trilogia della Morte, aperta da “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, riuscito ad approdare nelle sale.

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A svelare i dettagli sui due film della saga, lasciati da Pasolini nel cassetto, è Maurizio Perriello, su Tgcom, autore di una ricerca decennale condotta proprio sulla filmografia incompiuta di Pasolini e che ha permesso di ricostruire una Trilogia perduta, sparsa in frammenti rimasti a lungo sepolti negli archivi. Nella prima opera, ispirandosi alle opere del Marchese de Sade, Pasolini sceglie come allegoria dell’autoritarismo del suo tempo la violenza sperimentata in una villa della Repubblica di Salò, nel 1945, dove si racconta la ritualità e la brutalità nazifascista, dove l’orrore diviene prassi. E infatti, nel 1976, la pellicola fu sequestrata.

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L’esistenza di un secondo capitolo è stato svelato nel corso di un’intervista dell’autore della ricerca con Paul Vecchiali, a cui Pasolini propose di realizzare un film insieme su Gilles De Rais e Giovanna d’Arco. Peccato sia morto tre giorni dopo. “Porno-Teo-Kolossal” , ultimo capitolo della trilogia, è un progetto tragicomico nato negli Anni Sessanta per essere interpretato da Totò. La vicenda narra l’impresa di un re magio randagio di Napoli, Epifanio, la cui parte era destinata a Eduardo De Filippo, e del suo schiavetto Nunzio, interpretato da Ninetto Davoli, all’inseguimento della Cometa dell’Ideologia verso il luogo di avvento del Messia. “L’itinerario attraversa città-utopia, dove l’autorità violenta annienta i corpi e punisce col dolore e con la morte la diversità sessuale. La Cometa si sposta poi verso Oriente e i due la seguono in aereo. Derubati finanche dei vestiti in uno scalo indiano, Epifanio e Nunzio si dirigono in mutande a Ur”, scrive l’autore della ricerca.

Così, giunti alla grotta del Messia, immersa in un deserto apocalittico, trovano solo un bambino arabo, che rivela che il Messia è nato ed è anche morto. Così Epifanio muore,  Nunzio si trasforma in angelo e lo porta con sé in cielo. Il paradiso è introvabile e i due, sospesi nello spazio nero, guardano la Terra dall’alto. Ecco, allora, che Pasolini descrive il vuoto: “Come tutte le Comete, anche la Cometa che ho seguito io è stata una stronzata. Ma senza quella stronzata, Terra, non ti avrei conosciuto…”. “E mo’ ?”, risponde l’altro. “Embè, sor Epifà – risponde -. Nun esiste la fine. Aspettamo. Qualche cosa succederà”.

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