La ragazza di 30 anni è deceduta sabato mattina, al termine di un percorso di accompagnamento al decesso richiesto dal padre Giorgio: il genitore era riuscito a ottenere l’autorizzazione al trattamento di “fine vita”
Il suo lungo percorso verso il decesso è terminato sabato mattina. Samantha D’Incà ha smesso di soffrire. Ridotta in stato vegetativo irreversibile da 14 mesi, è morta nella struttura socio assistenziale “Gaggia Lante” di Belluno, una casa di cura privata e che di conseguenza non rientra nei servizi dell’Ulss 1 del comune veneto.
La 30enne bellunese era entrata in coma il 4 dicembre 2020 per via di una frattura a un femore che aveva portato poi a una gravissima infezione. Suo padre Giorgio ne è diventato amministratore di sostegno e mesi fa aveva chiesto e ottenuto l’autorizzazione al trattamento di “fine vita”. Una battaglia lunga come spesso capita in queste situazioni, perché la ragazza non aveva lasciato un testamento biologico.
Deceduta a Belluno Samantha D’Incà
Nel momento in cui i medici hanno stabilito l’impossibilità la sua di riprendersi, il genitore ha avviato un procedimento legale per ottenere l’autorizzazione a farla smettere di penare, dal momento che era stato certificato che la ragazza continuasse a subire dolori fortissimi. Il 10 novembre scorso, finalmente, Giorgio D’Incà è riuscito a ottenere l’incarico come amministratore di sostegno e a quel punto ha potuto avviare il percorso di accompagnamento al “fine vita” autorizzato da parte della magistratura, subito dopo aver individuato la struttura “Gaggia Lante” come collegio medico dedicato. Nelle ultime settimane tra l’altro le condizioni di Samantha erano peggiorate ulteriormente. A partire da sabato mattina, però, la ragazza ha potuto smettere di soffrire.