ESCLUSIVA – “Senza i microchip, bloccati dalla guerra, rischiamo la paralisi”

Antonello Salerno, giornalista de l’Essenziale, ci spiega le difficoltà che da un punto di vista elettronico stiamo vivendo

Pezzi di ricambio per le nostre macchine che rischiano di non arrivare mai. Computer che si bloccano e che rischiano di non essere più riparati. Case automobilistiche costrette a chiudere perchè mancano pezzi di ricambio: cellulari che non si riescono ad aggiornare. Non si tratta di scene apocalittiche, ma di problematiche reali, che si stanno in parte già vivendo a causa del conflitto in Ucraina. Antonello Salerno, giornalista de l’Essenziale ed esperto informatico, ci spiega cosa sta accadendo nel mondo elettronico e cosa può accadere a breve.

Quali sono i materiali che vengono prodotti in Ucraina e che rischiano di non arrivare più in Italia? Esiste un problema legato ai microchip?
“I microchip, che troviamo in tutto ciò che è elettronico e che usiamo quotidianamente,  vengono prodotti ormai esclusivamente nel sud est asiatico, soprattutto in Corea del sud e in Taiwan. Ma ci sono dei materiali, che servono per produrli, che arrivano direttamente dalle zone più colpite dal conflitto attuale: Ucraina per il gas Neon e Russia per il Palladio. Il gas Neon serve per scrivere sui circuiti integrati. E i chip sono fatti di circuiti integrati. Il Palladio serve per ottimizzare i consumi energetici dei microchip. Sono quindi dei materiali indispensabili per produrre i microchip”.

Senza è impossibile produrre microchip quindi?
“Esatto. E la situazione si è aggravata per tutta l’Europa. I due più grandi produttori di gas Neon sono due aziende ucraine e hanno gli stabilimenti produttivi a Mariupol e Odessa, le due zone più colpite dalla guerra. Entrambi gli stabilimenti sono chiusi”.

La chiusura di questi stabilimenti che effetti può portare?
“Nell’immediatezza pochi, perchè tutte le aziende hanno una riserva di microchip per la produzione. Ovviamente il problema si creerà nei prossimi mesi per la catena di approvvigionamento dei microchip”.

Andando nello specifico. Quali settori possono avere problemi? Cosa rischiamo di non far arrivare in Italia?
“Viviamo in un mondo completamente digitale. Se tu mi chiedessi oggi a cosa serve un microchip, ti potrei rispondere che serve in ogni settore, per ogni esigenza. Mentre in passato i microchip erano solo nei computer, nei telefoni, nelle schede madri di qualche elettrodomestico, oggi servono per qualunque cosa. L’agricoltura usa i sensori per monitorare l’umidità dei terreni o lo stato di salute delle piante. E i sensori usano i microchip. Tutto quello che implica una connessione ad internet ha integrato un microchip. Per cui ci troviamo di fronte ad una situazione anomala: mentre la domanda di chip è esplosa, è aumentata la difficoltà di produzione. E questo può portare a danni incalcolabili”.

Cosa rischiamo noi in Italia?
“Il problema è per l’Italia, l’Europa, per gli Stati Uniti, per tutti. Se vai a comprare una macchina rischi che te la consegnano tra sei mesi; guarda cosa sta succedendo a Melfi, con la catena di montaggio che ha chiuso due volte perchè mancavano i pezzi. E parliamo della Fiat. Ma è successo anche in Slovenia alla fabbrica della Volkswagen. Per i veicoli commerciali Fiat mancavano le centraline per il motore. Senza non si potevano consegnare le macchine. Che altro può accadere? Che ordini un autovettura con gli specchietti elettrici e ti viene consegnata senza; che porti il tuo pc in riparazione e non arriveranno i pezzi di ricambio. Che negli smartphone non arriveranno nuovi pezzi. Un rallentamento del mercato su ogni fronte. Se la situazione non si risolve, rischiamo la paralisi del mercato”. 

 

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