Il “Lago dei cigni” cancellato perché russo: l’odio di Kiev, Biden e Di Maio fermano la compagnia di danza

Il “Lago dei cigni” cancellato dal Teatro di Lonigo, vicino a Vicenza. Gli artisti del corpo di ballo ucraino, su decisione della National Opera of Ukraine e dal ministero della Cultura ucraino hanno dovuto rinunciare alla rappresentazione, perché fu il russo Čajkovskij a scrivere l’opera.

I funzionari del ministero di Kiev ritengono questa tra le assillanti priorità del momento e, tra colpi di arma da fuoco e persone morte in strada, si crucciano all’idea di quello che accade in un piccolo teatro italiano a duemila chilometri di distanza.

Poco importa a Kiev se  l’intero incasso era destinato al popolo ucraino. Stanno arrivando le armi e, dopo i morti nelle strade e gli edifici abbattuti, ci saranno i soldi per la ricostruzione, molti, a premiare chi ha tenuto il punto ed è sopravvissuto. Nei giorni sciagurati dove un 80enne che, in condizioni normali, dovrebbe essere salutato dietro il vetro di una casa di riposo per anziani della Pennsylvania, si prende la libertà di caricare un macigno sulle generazioni future insultando il presidente della Russia, in questi stessi giorni dove un Ministro degli Esteri, nato ad Avellino 35 anni fa, gli fa sciaguratamente eco e non tenta di salvare la sua, di generazione, quella del piccolo teatro sembra una notizia che può essere confusa tra le tante: nella folla di voci, dispacci e notizie, strette come un gomitolo di lana da cui riverbera il suono di una guerra sinistramente vicina.

L’unica verità del momento è che il ridicolo si congiunge al tragico, in ogni momento, e rivela palcoscenici desolanti. Il presidente USA disse di aver seriamente pensato a togliersi la vita e ora che sembra avere iniziato i primi passi con la danza muta dell’Alzheimer sembra volerlo tentare ancora, il suicidio, trascinandosi dietro il mondo intero. Ridicolo chi lascia cadere lo sguardo sulle carte, lì alla Farnesina, e non capisce, così come non avevano capito nulla, prima di quel 24 febbraio lui e i suoi simili, nonostante le migliaia di soldati russi al confine e le provocazioni della NATO. Ridicolo il giovane nell’imitare il gergo di un vecchio svanito e dimenticandosi di essere a capo della diplomazia di un Paese che si vorrebbe dignitoso, almeno tra le feluche. In alcuni momenti sembra che per lui la guerra sia poco più aspra di quella combattuta con il congiuntivo, un conflitto che dura da quando paga cambiali alla vita per accedere, a credito, nell’età della ragione.

Ecco, questo scenario, con il vecchio che dice oscenità e i perditempo dei ministeri pronti a fare eco, toglie la scena al  “Lago dei cigni”. Ci sono gli ordini da Kiev che, nel sacro nome della libertà, non possono essere trasgrediti, la compagnia obbediente e silenziosa, perché l’Ucraina è una democrazia compiuta, ci dicono, e nel mondo c’è una linea netta che divide i buoni dai cattivi.

Bene, si vorrebbe allora che nei camerini di un teatro, nelle stanze della propaganda, nelle strade, per un attimo si ascoltasse Pëtr Il’ič Čajkovskij. Lui, non il rumore di fondo di un caos che sta pervadendo coscienze in caduta libera e farà precipitare anche noi. Forse comprenderebbero che la musica non è né russa né ucraina. Ricorderebbero, forse, che Nikolaj Vasil’evič Gogol’, tra i maggiori scrittori in lingua russa, era nato in Ucraina. Comprenderebbero, forse, la disperata necessità, prima che sia tardi, di trovare punti dove le persone possano ricominciare a sfiorarsi, grazie alla loro appartenenza, senza lanciarsi pietre o insulti e comprenderebbero, forse, quanto sia osceno e macabro, tentare di dividerle ulteriormente. Spiegatelo al vecchio, al giovane. E alla propaganda, da qualsiasi parte provenga.

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