In una lettera al Sole24Ore, il presidente di Unindustria Lazio spiega il caso della Catalent, costretta a lasciare l’Italia a causa della burocrazia.
Un caso assurdo, purtroppo come tanti, del quale si parla da anni senza trovare una soluzione. Il risultato però, dopo lunghe battaglie, annunci e timori, si è trasformato nell’ennesimo esodo che porta via dall’Italia talento e conoscenze.
A svelarlo è il presidente di Unindustria Lazio, in una lettera accorata al Sole24Ore. Il caso in questione è quello della Catalent, azienda farmaceutica multinazionale attiva anche in Lazio, con un ambizioso progetto di investimento da 100 milioni ad Anagni. Il centro di sviluppo sulla produzione innovativa di materie prime biologiche che avrebbe garantito lavoro a 100 giovani ricercatori si trasformerà però in un epilogo triste e imbarazzante.
Più di 100 brillanti giovani ricercatori non avranno un posto di lavoro, e la spiegazione è tristemente nota da tempo. “La vicenda va ormai avanti da anni – spiega il presidente di Unindustria -, da quanto l’azienda ha avviato un procedimento di caratterizzazione ambientale nel perimetro del Sito di interesse nazionale Bacino del Fiume Sacco”. Unindustria e Confindustria da tempo provano a sollevare la questione dei ritardi burocratici e degli intoppi, ma dopo troppi silenzi e lungaggini, il potenziale perso in Italia finirà in Inghilterra.
Quando la burocrazia allontana imprese e talenti: via dall’Italia dopo anni di silenzi
“A pagare le conseguenze è l’intero tessuto produttivo italiano. Che si trova a lottare contro una pubblica amministrazione anti impresa e a rinunciare, come spesso accade, a nuovi investimenti che significano innovazione, lavoro di qualità e crescita economica”. Scrive così il presidente di Unindustria al Sole24ore, svelando l’assurdo caso di Catalent.
“Non possiamo più tollerare una situazione di questo genere – prosegue – e chiediamo tempi degni di uno stato che vanta ancora la seconda manifattura d’Europa. Non è accettabile che una richiesta rimanga ferma su una scrivania senza risposta per due anni. Serve una semplificazione delle autorizzazioni. Termini certi per le pratiche, superati i quali devono scattare sanzioni economiche severe”.
Poi la richiesta a Draghi e al ministro Cingolani. “Chiediamo con forza di intervenire per evitare altri casi come Catalent. In un momento così delicato, uno sblocco sulle autorizzazioni ambientali sarebbe un messaggio positivo per l’Italia. Ci sono sempre cortei davanti ad una fabbrica che annuncia la chiusura, ma non c’è mai nessuno davanti alle porta di una azienda che rinuncia ad aprire”.