Si fingeva Vescovo e prometteva un lavoro alla Nato: scoperta super truffa

Si spacciava per un alto prelato e, promettendo un lavoro in una finta base militare in costruzione, ha truffato centinaia di disoccupati

Puntava tutto sulla segretezza dell’operazione, perché la costruzione di una base Nato deve rimanere segreta e la notizia non la trovi certo pubblicata sui giornali e questo ha convinto 150 persone alla ricerca di un lavoro, a pagare pur di partecipare ad un concorso che neanche esisteva.

Il palazzo di giustizia di Agrigento – Ansa foto

Questa è l’incredibile storia con la quale il “vescovo cardinale di Monreale” al secolo Luciano Montemurro, 63 anni, di Favara in provincia di Agrigento, pensava di farla franca e truffare così ben 150 persone in cerca di lavoro arrivate a spendere ben 2500 euro per partecipare al concorso che li avrebbe portati ad entrare a lavorare in una base Nato in costruzione nella pressi di Punta Bianca sempre in provincia di Agrigento. Peccato che, secondo quanto scritto nella richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, non esisteva nessuna base militare in costruzione, non esisteva nessun concorso in programma e Montemurro non era un vescovo!

Il presunto prelato nulla aveva a che fare con la Chiesa, però millantava una vicinanza con il segretario generale della Difesa, il generale Luciano Portolano (totalmente estraneo però alle indagini e pronto per questo a costituirsi parte civile) che sarebbe stato, secondo il racconto dai truffati, il futuro comandante della fantomatica base militare Nato di Punta Bianca. Ad andare in giro e trovare persone disposte a farsi convincere dell’esistenza dei nuovi posti di lavori, c’erano altre due persone di Canicattì, denunciate a loro volta.

Infranto il segreto

Il segreto con il quale Montemurro ha convinto le persone truffate, è venuto meno non appena qualcuno di queste persone ha cominciato a chiedere qualche spiegazione in più ad amici militari i quali hanno smentito tutto, facendo così partire le denunce. Le problematiche economiche, la crisi dovuta alla pandemia che ha portato alla perdita di molti posti di lavoro, avevano convinto alcuni dei truffati della veridicità della cosa e per questo per i tre indiziati è stato chiesto il rinvio a giudizio per associazione a delinquere, truffa e sostituzione di persona. A monte di tutto c’era un sistema ben strutturato con finti tesserini Nato esibiti e mappe della ipotetica base che venivano mostrate in riunioni segretissime, dove venivano portati plichi dell’Esercito chiusi con timbri in ceralacca e finti contratti in carta intestata fatti firmare dai disoccupati in cerca di lavoro.

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