Emergono ulteriori dettagli sullo scandalo vaticano del Palazzo londinese di Sloane Avenue. Dalle chat visionate dagli inquirenti, affiora un coinvolgimento indiretto persino del Pontefice, a cui i broker hanno tentato di rivolgersi fin da subito per mettere in atto il loro piano criminale.
Quando lo scorso dicembre uscirono sui giornali i video della deposizione di monsignor Perlasca, durante l’interrogatorio dentro la Gendarmeria del Vaticano, il suo dito puntato verso l’alto fece sobbalzare tutti. Perlasca è infatti una figura centrale nello scandalo legato al Palazzo di Sloane Avenue acquistato utilizzando i soldi dell’Obolo di San Pietro. Nei video delle deposizioni ai magistrati del Papa il monsignore aveva citato direttamente lui, Francesco.
Il caso che ha portato all’arresto di Torzi per estorsione
In quel passaggio contenuto all’interno delle sette ore di interrogatorio, Perlasca affermava che era stato proprio il Pontefice a dare il via libera alla trattativa con Gianluigi Torzi, il broker accusato di estorsione.
Oggi quelle parole vengono rinfocolate da un articolo del dal settimanale di inchieste diretto da Franco Bechis Verità e Affari in cui si afferma a caratteri cubitali che fu proprio Bergoglio a benedire l’affare vativano del palazzo londinese. Secondo quanto scrive la testata, prima del via libera di Francesco si sarebbero svolti diversi incontri riservati, a cui i magistrati sarebbero giunti grazie a una serie di chat raccolte per l’inchiesta e di recente messe a disposizione delle difese nel processo.
Da queste si sarebbe quindi ricostruita la trattativa e i diversi ruoli di tutta una serie di mediatori, tra cui Giuseppe Milanese, l’uomo che accompagna in Vaticano “gli amici di Torzi”, Manuele Intendente e Renato Giovannini. Queste mediazioni iniziate tre anni fa, come ormai noto e al centro dell’inchiesta degli inquirenti vaticani, portarono a perdite milionarie per la Chiesa, fino alle accuse che incastrarono Torzi.
Grazie agli scambi in chat vengono quindi ricostruiti tutti i vari passaggi dell’immobile di Londra dal fondo Athena di Raffaele Mincione alla lussemburghese Gutt sa fino alla “buon’uscita” chiesta da Torzi. “Se mi mette alle strette?” chiede Intendente a Torzi, nella chat rinominata “I magnifici 3”. “E che vuole stringe?”, è la replica di Torzi riportata da Verità e Affari. “‘Na benedizione può fare. Du’ bacetti”.
Secondo la chat gli incontri con il Papa sarebbero stati diversi
In uno dei passaggi successivi, dopo una convocazione di Tirabassi a Torzi in cui lo informa che è convocato in Vaticano, il secondo chiede spiegazioni nella chat. Nella risposta dell’avvocato, in cui spiega che il funzionario vaticano è all’oscuro dei suoi movimenti, emerge il passaggio chiave che tira in ballo anche la figura del Pontefice. “Non sa nulla. Ma che scherzi. Non ci siamo mossi dall’appartamento del numero 1”, scrive riferendosi al Papa.
Gli incontri con “il numero 1”, da quanto emerge da questa chat, sarebbero stati diversi. Ma dalle conversazioni non si riesce a ricostruire pienamente quanto succede nelle settimane successive. Mesi dopo Torzi, tra le varie conversazioni di affari e di operazioni, tra cui la vendita dei crediti deteriorati della Popolare di Bari, riferisce le parole del sostituto Pena Parra: “Il numero 1 è allineato, inutile che fai i dribbling”, è quanto il sostituto avrebbe detto a Torzi secondo la traduzione fatta da quest’ultimo e condivisa nella chat.
La mediazione frutterà a Torzi, come liquidazione, 15 milioni di euro. Secondo quanto Giovannini ricostruirà con gli inquirenti, dopo un giro vorticoso di telefonate a partire dal dicembre 2018 Torzi arrivò a chiedere fino a 24 milioni per restituire l’immobile alla Santa Sede. Nell’ottobre 2019 Tirabassi e altre quattro persone vengono fermate, e a quel punto deflagra lo scandalo, che porterà all’arresto di Torzi nel giugno 2020.