I numeri del reddito di cittadinanza mostrano uno stato della povertà in Italia sempre più crescente, ed evidenziano purtroppo la difficoltà di mettere in pratica la “seconda parte” del provvedimento.
Soltanto nell’ultimo mese di aprile sono oltre 1,19 milioni le famiglie che hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza. Una cifra che nel complesso tocca 2,65 milioni di persone per una spesa mensile di 668 milioni di euro e un importo medio erogato di 588 euro, nel caso del reddito, e 270 invece nel caso della pensione.
Cifre che variano a seconda della composizione del nucleo familiare. Di questi numeri, infatti, il 43,8 per cento sono composti da single che in media ricevono 457,79 euro, mentre invece sono solamente il 7,44 per cento coloro che contano almeno cinque componenti, per un totale di novantamila nuclei familiari. A questi ultimi è riservato un contributo di 740,91 euro.
I dati diffusi dall’Inps e la mancanza di politiche attive
Numeri che sono stati diffusi dall’Inps, mentre si evidenzia come nel primo quadrimestre di quest’anno i beneficiari siano stati 1,5 milioni, per una cifra di persone coinvolte pari a 3,3 milioni. 24mila nuclei si sono invece visti dispensata la revoca, mentre 158mila hanno perso i requisiti.
Se si fa il confronto con il periodo prima della pandemia si scorge che nel 2019, dal mese di aprile, vi erano un numero di nuclei coinvolti pari a 1,1 milioni, per 2,7milioni di persone coinvolte. Nel 2020 questi erano cresciuti a 1,6 milioni, per 3,7 milioni di persone. Prima del picco raggiunto nel 2021, con 1,8 milioni per 3,9 milioni di persone interessate. Il costo complessivo, in quest’ultimo caso, si è aggirato intorno ai 22,6 miliardi.
La politica sta però osservando con molta cautela quella che era considerata come la seconda parte, fondamentale, del reddito di cittadinanza, ma che tuttavia ha ancora pienamente stentato a decollar, e chissà se mai ci riuscirà. Si tratta della parte legata alle politiche attive del lavoro.
Secondo i dati diffusi da Anpal, su oltre un milioni di percettori in stato di occupabilità sono stati solamente il 20 per cento, circa 212mila, ad avere intrattenuto un rapporto di lavoro attivo al 31 dicembre 2021. Senza però alcun nesso tra questo numero e la presa in carica da parte dei centri per l’impiego. Mentre invece sono circa l’80 per cento, 843 mila, i non occupati.