Il risparmio italiano in mano agli stranieri: i numeri che preoccupano

Numeri che non fanno stare tranquilli molti italiani: le stime parlano infatti di un terzo del totale del risparmio italiano è gestito da operatori stranieri. 

risparmi
(Ansa)

Si parla di circa 900 miliardi di risparmi su un totale di circa 2400 miliardi in mano a stranieri. Numeri che peraltro sono cresciuti esponenzialmente in meno di un ventennio, visto che nel 2005 questo numero riguardava solamente il 5% del totale. A guidare questa lobby, spiega il quotidiano La Verità, è la Gran Bretagna, e nonostante la Brexit.

Ricchezza di proprietà delle famiglie italiane che tuttavia viene investita in strumenti come quelli del risparmio gestito o dell’industria dell’asset management, oggi in grande crescita forse come non mai. I maggiori soggetti italiani del settore devono inoltre fare i conti con una concorrenza estremamente agguerrita. Quella di società straniere a caccia di clienti, in un mercato molto redditizio.

Tutti i numeri di un settore non considerato strategico

Nel dettaglio, i numeri parlano di un patrimonio gestito nel 2005 da gruppi italiani pari a oltre 1033 miliardi di euro, e quello in mano a soggetti stranieri poco più di 81 milioni. Oggi, davanti a 1,7 miliardi di patrimonio gestito da italiani, quello controllato da gruppi esteri è vicino ad 890 milioni, con una percentuale passata dal 7 al 34%. 

A sfavore delle aziende italiane del settore gioca però un quadro normativo e fiscale per nulla chiaro, ma al contrario in continuo cambiamento. Senza contare la mancanza di una vera e propria adeguata attività di lobbying che possa fare sentire la voce italiana in Europa.

Gli interessi nostrani infatti si scontrano a Bruxelles con quelli di altri Paesi, tra cui ad esempio il Lussemburgo o l’Irlanda, forti di caratteristiche più attraenti per gli investitori come la maggiore efficienza, nel primo caso, e un tax rate molto conveniente nel secondo.

Il punto però riguarda le politiche nazionali e le attenzioni che la politica rivolge a questo settore, ad oggi considerato non strategico per il nostro Paese. Come dimostrano fattori estremamente critici, tra cui, oltre alle normative contradditorie e all’eccesso di regolari, anche un sistema di tassazione che produce incertezza. Ciò di cui il mondo della finanza non vuole cioè mai sentire parlare.

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