Un rapporto logoro, una storia brutta che vede davanti due persone che un tempo erano inseparabili e che adesso non si possono più vedere
Fratelli coltelli, verrebbe da dire e pensare. Ci sono tante storie e tanti fratelli nel mondo dello sport, della politica, della canzone e in tanti settori, soprattutto in quello dello spettacolo. La vicenda di Gabriele e Silvio Muccino è conosciuta, ma pochi sanno davvero il motivo per cui i due hanno litigato in maniera feroce e da quando è successo non si parlano più. Gabriele si è raccontato al Corriere della Sera e ha parlato di tutto. Quello di Gabriele Muccino è il racconto non di una, ma di tante vite. Mentre parla, inizia a girare il nastro di una pellicola con protagonista un ragazzo del 1967 con sogni più grandi delle sue insicurezze. “All’epoca ero privo di grandi conferme e volevo affermare di esistere a un mondo che era abbastanza distratto. Balbettavo – molto più di oggi – e questa cosa distraeva: che si trattasse della persona che volevo affascinare o di una che volevo anche solo semplicemente intrattenere“. La balbuzie ha avuto un ruolo così determinante nel renderla la persona che è? “Di fatto questa sorta di frustrazione nella comunicazione e nella socialità ha fatto in modo che creassi un mio osservatorio delle relazioni umane e della vita che è stato poi riutilizzato e riciclato nel mio modo di fare cinema“.
Un po’ come capita a Stefano Accorsi quando sconvolge la sua esistenza ne “L’ultimo bacio“, il suo primo grande successo. “Quel personaggio ero io, completamente. Dopo il mio primo film Ecco fatto e, soprattutto, dopo Come te nessuno mai , ero io a ritrovarmi in una storia che richiedeva delle responsabilità, improvvisamente circondato da tante Martina Stella. Quello che però non sapevo era che molte altre persone fossero simili a me. La mia unicità non era così straordinaria: ero solo più propenso a raccontare in maniera scarnificata i miei sentimenti e le mie zone d’ombra. Quel film scatenava un’esplosione emotiva nello spettatore che spesso litigava con il partner con cui era andato al cinema, perché scoprivi che uno la vedeva come Accorsi e l’altro come Mezzogiorno... ci sono persone che dopo averlo visto si sono lasciate e ancora oggi mi ringraziano della fuga che hanno compiuto. Per quanto mi riguarda, L’Ultimo bacio fu una sorta di tsunami“.
Il rapporto devastato col fratello Silvio
Vedere Will Smith che disintegra la sua carriera agli Oscar l’ha fatta soffrire, sembra. “Sono rimasto senza parole per giorni. Lui che nella vita si controlla in modo maniacale… Hollywood non lo perdonerà mai, essendo puritana e bigotta in un modo che non possiamo immaginarci. Ha fatto una cosa così sbagliata e così umana, in fondo. Ma in un tempio del politically correct, in cui sono tutti dei robot”. Il rapporto con suo fratello Silvio: “Con lui ho vissuto un lutto, un lutto di una persona vivente, che non vedo dal 2007. È stata una esperienza per me aberrante da un punto di vista psicologico: mi ha scarnificato. Rimane una delle cose più incomprensibili, ingiustificabili e forse anche imperdonabili. A un certo punto quando questo lutto si è elaborato, quando ho smesso di soffrire, sono passati ormai 15 anni. Lì ti rendi conto che quella persona non la vuoi più incontrare, non hai più nulla da raccontare perché fondamentalmente non la stimi, non la ammiri e non la conosci più. Se mancano questi tre elementi, il resto cosa è? Forma?“.
Non c’è la possibilità di un chiarimento? “Quando tuo fratello scompare senza neanche dirti perché per una vita intera, il corpo soffre, soffri psicologicamente, ti svegli nel cuore della notte come se ti mancasse l’aria, perché hai voglia di tuo fratello. Era un pezzo di me. Mi ha tolto un parte enorme della mia vita e ora quella parte lì se ne è andata. La nostra difesa naturale nell’elaborazione delle sofferenze fa in modo che si crei uno spessore sulla cicatrice tale da far diventare quella cicatrice insensibile. È lì, la vedi ma è talmente spessa la carne che la riveste che siamo diventati insensibili, a dispetto di quello che vorremmo. Ma è fisiologico difendersi da un dolore così penetrante“. In uno dei suoi film farebbe ritrovare questi due fratelli?, la domanda della giornalista del Corriere della Sera e la risposta sincera di Gabriele Muccino “Non potrei mai fare un film così perché è troppo vicino a qualcosa di troppo doloroso. Ad ogni modo no, una situazione così irrisolta e così inspiegabile non trova una soluzione facile, nemmeno al cinema, perché il cinema è giusto quando è onesto. Il cinema disonesto è quello che vuole farti felice, darti una pacca sulla spalla e dirti: dai che la vita è bella . Io questo non lo faccio quasi mai: i miei finali sono agrodolci o amari. Faccio fatica, nella mia visione della vita, a credere che le cosi siano così facili da infiocchettare: ci sono sempre dei pezzi di stoffa che vengono tranciati. Rimangono brandelli della nostra esistenza e non sono più rammendabili: sono tutti gli errori che abbiamo fatto”