Referendum Giustizia, i cinque quesiti su cui si voterà domenica 12 maggio

Il 12 giugno si voterà per il Referendum sulla giustizia. Ecco quali saranno i cinque quesiti su cui gli italiani saranno chiamati a votare.

referendum giustizia
Il segretario della Lega, Matteo Salvini, e il presidente della Regione Lombardia all’arrivo a Palazzo Pirelli per un incontro stampa di sostegno al Referendum sulla Giustizia, 6 giugno 2022. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

Il prossimo 12 giugno, nella data in cui è prevista la tornata elettorale per le amministrative, i cittadini italiani aventi diritto al voto saranno chiamati a esprimere la propria scelta su cinque referendum sulla Giustizia promossi da Lega e Partito Radicale. La Corte costituzionale ha infatti giudicato ammissibili i quesiti, mentre la Consulta ne ha escluso un sesto inizialmente proposto, riguardante la responsabilità civile dei magistrati, insieme anche ad altri due, uno sulla cannabis e l’altro sul cosiddetto “omicidio del consenziente”.

Il Referendum sulla giustizia promosso da Lega e Radicali

Il voto avrà luogo solo nella giornata di domenica, con i seggi che resteranno aperti dalle ore 7 alle ore 23, mentre lo scrutinio delle schede inizierà lunedì 13, dalle 14 in poi. Prima si avrà infatti lo spoglio dei risultati del referendum nei luoghi in cui si svolgeranno contestualmente le elezioni amministrative.

Affinché la consultazione sia valida, dei 51,5 milioni di italiani con diritto al voto ne dovranno partecipare la maggioranza e con voti validamente espressi. In quanto referendum abrogativi, la maggioranza dei voti espressi al fine dell’abrogazione della legge oggetto del quesito dovrà essere un sì. Chi si reca ai seggi, inoltre, dovrà portare con sé una mascherina chirurgica da indossare all’ingresso, per poter votare. Qui di seguito vediamo nel dettaglio i contenuti dei cinque quesiti:

Quesito 1: abolizione della legge Severino

La richiesta è di abrogare la legge Severino, il Testo unico del 2012 in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo. Nel testo si prevede infatti il divieto di ricoprire incarichi di governo, o l’ineleggibilità o incandidabilità a elezioni politiche o amministrative, per coloro che vengono condannati in via definitiva per corruzione o altri gravi reati.

I sostenitori del referendum affermano infatti che questo meccanismo sia dannoso e inefficace in particolare per quanto riguarda la sospensione di sindaci e amministratori locali anche in caso di sentenze non definitive, determinando quindi un uso politico dei poteri della magistratura con “sentenze a orologeria” per togliere di mezzo personalità politiche che risultano avversari rispetto all’affiliazione ideologica o partitica dei giudici. L’abrogazione comporterebbe la cancellazione totale del testo, con il risultato che chi viene condannato con sentenza definitiva potrebbe sia proseguire il mandato che ricandidarsi.

Quesito 2: limitazione delle misure cautelari

I proponenti chiedono di limitare l’applicazione delle misure cautelari, vale a dire le restrizioni di libertà tra cui la custodia in carcere o ai domiciliari, l’obbligo di firma e altre analoghe, a cui può esser sottoposto un indagato ancora prima di una sentenza. Misure che vengono applicate per evitare il pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Il referendum propone l’abrogazione della parte dell’articolo in cui si prevede la possibilità di motivare la custodia preventiva con il pericolo di reiterazione, ma lasciando attiva la misura cautelare per i reati più gravi.

Quesito 3: magistrati e separazione delle funzioni​

Il terzo quesito pone al centro la separazione delle carriere dei magistrati proponendo di eliminare le disposizioni che consentono di passare dalla funzione requirente a quella giudicante, ovvero di passare nel ruolo del giudice che emette la sentenza e che dovrebbe essere super partes. I proponitori del quesito sostengono che le due funzioni debbano essere nettamente separate, e che chi entra in magistratura dovrebbe scegliere all’inizio della carriera il ruolo, requirente o giudicante, senza avere la possibilità di cambiare.

Quesito 4: valutazioni sull’operato delle toghe

La quarta domanda chiede l’abrogazione delle le norme sulle competenze dei membri laici dei Consigli giudiziari, al fine di evitare che questi siano esclusi dalle discussioni e valutazioni sulla professionalità dei magistrati, oggi in mano solo ai togati. Votare sì in questo quesito apre alla possibilità che docenti universitari di materie giuridiche e rappresentanti dell’avvocatura abbiano la possibilità di votare, nelle deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione o nei Consigli giudiziari a livello territoriale, abbassando il tasso di autoreferenzialità nei giudizi sul lavoro delle toghe, oggi quasi sempre favorevoli.

Quesito 5: elezione dei componenti togati del Csm

L’ultimo quesito propone di incidere sulle norme in materia di elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, i cui componenti vengono eletti ogni quattro anni, che siano provenienti dalla magistratura e votati dalla stessa che laici, vale a dire esperti di diritto votati dal Parlamento. Oggi un magistrato deve depositare una lista di almeno 25 firme di colleghi per candidarsi al Csm, e la vittoria del sì cancellerebbe la raccolta di firme facendo in modo che un magistrato possa liberamente candidarsi. 

L’obiettivo dei proponenti è quello di annullare il potere di quelle che vengono definite le “correnti” della magistratura, gruppi di giudizi con orientamento politico rappresentati rappresentati nell’Associazione nazionale magistrati.

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