Papa Francesco: “Ecco quando bisogna fare l’amore”

Da qualche ora non si fa che parlare dello “strano” documento in cui il Papa “propone” ai giovani fidanzati la castità prematrimoniale, generando scandali e commenti sdegnati. Peccato che si tratta di ciò che la Chiesa afferma da sempre, attraverso il Catechismo, e la sottolineatura del Papa non fa altro che cercare di porre rimedio a quanto prodotto dagli ultimi decenni “libertini”, in cui si registra una percentuale disastrosa di separazioni e tradimenti matrimoniali.

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(Ansa)

“Non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune”. È uno dei passaggi che si legge nel documento diffuso dalla Santa Sede, attraverso il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che traccia le nuove linee per la preparazione al matrimonio rilanciando le parole dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Tanto basta, proprio per confermare quanto affermato dal Vaticano stesso, a scatenare un putiferio di commenti sui social, quasi come se si trattasse di una strana novità da parte della Chiesa cattolica.

Una notizia che non è una notizia ma una risposta

Eppure la castità è una virtù che la Chiesa propone da sempre per un’edificazione della coppia cristiana che sia fondata sul rispetto totale dell’altro e sul dono reciproco. A costo di rifuggire la ricerca nella sessualità del piacere edonistico e sterile, fine a sé stesso, e consegnando ogni parte di sé, anche la più intima, al partner. Il tutto in vista di un’amore che non si fonda sulla sopraffazione egoistica per soddisfare i propri piaceri più bassi, ma su una carità che sia donazione totale all’altro, in vista di una vera pienezza all’interno del matrimonio.

Tutti concetti però che sembrano sfuggire totalmente alla mentalità dei social, in cui ci si limita ad attaccare il Papa come se il documento redatto dal Vaticano fosse un passo indietro retrogrado rispetto a un mondo che, fiero del suo “libertinismo”, avrebbe finalmente trovato la giusta dimensione della vita. La verità dei numeri sta a testimoniare altro. I matrimoni che finiscono in divorzio sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, arrivando a toccare numeri da capogiro.

Soltanto nel 2020 le separazioni sono state complessivamente 79.917 e i divorzi 66.662. A distanza di 50 anni dall’introduzione del divorzio, fino al 2018, in Italia se ne sono registrati 1.463.973 casi. Le tendenze mostrano insomma che se il numero delle nozze calano, quello degli addii aumentano vertiginosamente. Che senso avrebbe allora promettersi amore eterno, “finché morti non ci separi”, davanti all’altare?

Così emerge chiaramente la ragione della sottolineatura da parte del Vaticano. “Vale la pena di aiutare i giovani sposi a saper trovare il tempo per approfondire la loro amicizia e per accogliere la grazia di Dio. Certamente la castità prematrimoniale favorisce questo percorso“, scrive il documento, aggiungendo che “anche nel caso in cui ci si trovasse a parlare a coppie conviventi, non è mai inutile parlare della virtù della castità”.

La virtù della castità “insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore”

Visto e considerato che “tale virtù insegna ad ogni battezzato, in ogni condizione di vita, il retto uso della propria sessualità, e per questo, anche nella vita da sposati, è di somma utilità”, continua il documento. “Da coniugi, infatti, emerge in modo ancora più evidente, l’importanza di quei valori e di quelle attenzioni che la virtù della castità insegna: il rispetto dell’altro, la premura di non sottometterlo mai ai propri desideri, la pazienza e la delicatezza con il coniuge nei momenti di difficoltà, fisica e spirituale, la fortezza e l’auto-dominio necessari nei tempi di assenza o di malattia di uno dei coniugi. Anche in tale contesto, l’esperienza degli sposi cristiani sarà importante per spiegare l’importanza di questa virtù all’interno del matrimonio e della famiglia”.

La Chiesa è infatti chiamata ad annunciare la Verità del Vangelo e del Catechismo, non ad assecondare lo spirito dei tempi o le opinioni della maggioranza. “Alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?»”, è scritto infatti nel passo evangelico in cui si riporta come la folla optò per la crocifissione di Cristo, che non aveva nessuna colpa. “Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia”, scrive ancora il Vangelo di Matteo.

Il documento vaticano che propone gli Itinerari Catecumenali per la vita matrimoniale torna così a battere su un precetto tanto antico quanto estremamente moderno nel suo essere controcorrente, rivoluzionario e anti-conformistico. In quanto la castità, autentica “alleata dell’amore”, è la “via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri”. “La castità insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio”, si legge ancora nel documento.

Alcune separazioni sono “moralmente necessarie”

“La tiepidezza, qualsiasi forma di relativismo, o un eccessivo rispetto al momento di proporlo, sarebbero una mancanza di fedeltà al Vangelo e anche una mancanza di amore della Chiesa verso i giovani stessi. Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano”. Così, si ribadisce, “oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture“.

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Una riaffermazione che però non evita di considerare la drammaticità delle realtà più dure, in cui la separazione diventa addirittura “moralmente necessaria” persino per la Santa Sede. “Nonostante tutto il sostegno che la Chiesa può offrire alle coppie in crisi, ci sono, tuttavia, situazioni in cui la separazione è inevitabile”, si legge nel documento, in quella che stavolta sembra davvero una novità. Per quelle situazioni in cui, ad esempio, “si tratta di sottrarre il coniuge più debole, o i figli piccoli, alle ferite più gravi causate dalla prepotenza e dalla violenza, dall’avvilimento e dallo sfruttamento, dall’estraneità e dall’indifferenza”.

Ma in ogni caso, sottolinea il documento, la “separazione deve essere considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano. In questi casi, un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente anche i separati, i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza”.

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