Nelle scorse settimane analisti e commentatori vaticani si sono agitati sulle indiscrezioni di una possibile “rinuncia” da parte del Papa al suo Pontificato in relazione alle cause di salute di Bergoglio, apparentemente instabili. Nulla di più falso, risponde il cardinale tedesco Gerhard Muller.
In passato Bergoglio non aveva escluso la possibilità di una futura rinuncia al Soglio Petrino anche da parti di altri Papi, proprio come fece Ratzinger nel febbraio 2013. Le ultime notizie sulle condizioni di salute di Francesco, in particolare legate al dolore alla gamba che lo assilla da anni e che negli ultimi mesi si è fatto sempre più forte, quasi invalidante visti gli appuntamenti rinviati più volte di recente, hanno fatto pensare che l’eventualità delle dimissioni di Bergoglio non fossero del tutto inverosimili.
Le dimissioni del Papa? “Mi aspetto e spero di no”
Una battuta di Bergoglio in Argentina, detta scherzosamente ai suoi confratelli, è stata sufficiente per aprire il caso, finito fino a Le Monde o al New York Times. L’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dell’era Ratzinger, di cui ne ha curato anche l’Opera Omnia, il cardinale tedesco Gerhard Muller, non ci sta a questa ipotesi e su Su La Lettura del Corriere della Sera tuona: “La Chiesa non è una Ong”.
Anche perché il rischio è quello “dell’auto-secolarizzazione della Chiesa”, ha risposto al giornalista Massimo Franco, di cui nelle scorse settimane ha presentato a Roma l’ultima fatica editoriale dedicata proprio al Papa emerito, “Il monastero”. Per questo, ha spiegato Muller, la rinuncia di Benedetto XVI “dovrebbe rimanere un unicum, non diventare una prassi. Ciò per la ragione che “se Francesco rinunciasse creerebbe una situazione più difficile dell’attuale”.
Di conseguenza, rispetto a questa ipotesi “mi aspetto e spero di no”, risponde. E racconta: “Ormai otto anni fa incontrai Francesco e ne discutemmo. Lui sosteneva di non volere andare oltre la durata del pontificato di Benedetto XVI. Gli dissi che ero contrario e spiegai perché: la rinuncia deve rappresentare un’eccezione assoluta. Occorrono ragioni estreme per giustificarla. E comunque, non può essere una decisione privata”.
Sullo sfondo c’è inevitabilmente l’eccezionalità del gesto di Benedetto XVI, arrivato come un fulmine in una Chiesa già piena di difficoltà e che Bergoglio, scegliendo il nome del Poverello di Assisi, ha deciso di puntare a riparare. “Le dimissioni di Benedetto hanno introdotto una tensione nel principio petrino dell’unità della fede e della comunione della Chiesa, che non ha eguali nella storia e non è ancora stata elaborata dogmaticamente”, spiega il cardinale e teologo tedesco.
I numerosi temi per la Chiesa oggi, da Putin al transumanesimo
Nell’intervista i due affrontano numerose questioni, dall’adattamento dei valori cristiani alla modernità o viceversa, gli scontri tra conversatori e progressisti all’interno della Chiesa, il rischio di uno scisma all’orizzonte, la mediazione del Vaticano tra Putin e l’Occidente, l’accordo tra Cina e Santa Sede. A fare da cornice, l’idea della Chiesa di oggi e quella di domani.
“La Chiesa deve restare ben ancorata a Cristo e ai suoi sacramenti, mantenere la sua dimensione trascendentale”, afferma il porporato. “Dobbiamo preoccuparci della salvezza degli uomini, non solo della vita terrena. La missione della Chiesa è di aiutare l’unione degli uomini con Dio. Possiamo essere un grande o un piccolo gregge, ma in ogni condizione dobbiamo seguire la linea del Vangelo. Prima ubbidire a Cristo, poi nella sua luce, al mondo”.
Per quanto riguarda il conflitto ucraino, per il cardinale “possiamo avere un dialogo con la Chiesa ortodossa, non con Putin”. Mentre invece sulle questioni sociali Muller è estremamente chiaro. “La Chiesa deve andare verso la verità. I valori che dobbiamo predicare sono dignità umana e libertà: parlare concretamente contro aborto, eutanasia, e difendere il matrimonio tra uomo e donna, contro il transumanesimo. Non possiamo tradire i valori naturali e soprannaturali. Non credo che la maggioranza sia sempre a favore della verità. Spesso la conservano e la esprimono le minoranze”.