Ai microfoni di Notizie.com Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la vita, commenta la sentenza della Corte Usa sul tema dell’aborto.
La Suprema Corte Federale degli Stati Uniti ha messo dopo mezzo secolo la parola fine agli effetti della celebre sentenza Roe vs. Wade, con la quale nel 1973 aveva giudicato incostituzionale il divieto di aborto entro le 24/28 settimane. La Corte afferma che i vari Stati dell’Unione hanno diritto a porre limiti e regolamentazioni per l’accesso all’aborto. “Premetto che non ho ancora letti le 213 pagine della sentenza e rispondo sulla base delle informazioni riportate dalla stampa. Detto ciò, penso che sia un grande risultato che mette gli Stati Uniti sulla strada dell’autentico progresso e dell’autentica civiltà“, spiega a Notizie.com Marina Casini Bandini.
Lei cosa ne pensa di questa decisione storica, qual è la sua valutazione sulla sentenza dei giudici americani? Si tratta di un colpo alle grandi cliniche abortiste e alle loro pressioni sul sistema politico?
“Negare che esiste un diritto di aborto è il principio della rinascita dei diritti dell’uomo, è il primo passo per la realizzazione dell’uguaglianza anche tra nati e non nati, è l’anticamera per riconoscere il concepito come uno di noi, ma è anche l’occasione per riflettere sulla maternità che in quanto tale presuppone la relazione tra due soggetti: la madre e il figlio. La pretesa del “diritto di aborto” oltre che essere l’aborto del diritto è la cancellazione della più basilare delle relazioni umane: quella che naturalmente si pone come modello di ogni solidarietà e accoglienza. Il colpo alle grandi cliniche abortiste e alle loro pressioni sul sistema politico è un effetto secondario, collaterale, conseguente rispetto al ben più importante obiettivo di giungere a riconoscere che sono esseri umani a pieno titolo anche coloro che non sono ancora nati, perciò ucciderli è un atto di sopraffazione che non può e non deve essere considerato un ‘diritto'”, prosegue il presidente del Movimento per la Vita.
Cosa ha spinto a suo avviso la società americana, e di riflesso i giudici della Corte, a rivedere la propria posizione su un tema come l’aborto? Tornano in campo le cultural wars tra due diverse concezioni antropologiche della vita e dell’essere umano? “Non vorrei essere troppo idealista, ma penso che la verità un po’ alla volta si faccia largo nel tempo e nella storia. Quello dell’aborto è sempre stato un tema che ha suscitato inquietudine e anche quando si cerca di racchiuderlo nei rigidi e datati schemi dell’“utero è mio e lo gestisco io”, prima o poi esplode”, risponde Casini Bandini a Notizie.com.
“Non dimentichiamoci poi che in questi decenni un enorme numero di persone in tutto il mondo non si è rassegnata e non si rassegna alla distruzione di massa culturalmente e socialmente accettata dei bambini in viaggio verso la nascita. Si tratta di un popolo che ha promosso e promuove la cultura della vita illuminando le coscienze. Perciò più che di ‘cultural wars’ parlerei di ‘cultural revolution’. Una rivoluzione culturale di straordinaria importanza per tutto il mondo. Il muro dell’estromissione dell’uomo-embrione dalla comunità degli uomini ha iniziato a cedere e speriamo che arrivi a crollare. Lo sguardo portato sul figlio nel grembo della mamma traccia la strada del rinnovamento che guarda con fiducia al futuro. Ovviamente si tratta anche di condividere concretamente le difficoltà materiali, morali e psicologiche di una maternità problematica o non attesa.
Il Vaticano, attraverso la Pontificia Accademia per la Vita, ha commentato dicendo che “il fatto che un grande Paese con una lunga tradizione democratica abbia cambiato la sua posizione su questo tema sfida anche il mondo intero”, invitando a riaprire “un dibattito non ideologico” sulla tutela della vita. Che sensazione le suscitano queste parole? “Le condivido”, replica l’attivista. “La sfida è ‘epocale e planetaria’ e ritengo che sia un bene che su un tema così delicato e importante si tengano aperti il dialogo e il confronto. Ovviamente sono importanti anche lo stile, il linguaggio e le azioni per la vita. Nel dibattito lo stile, la parola, i gesti, devono suscitare simpatia per la verità, che comunque non deve mai essere taciuta, nella fiducia che il valore della vita è presente, nonostante ogni contraria apparenza, nella mente e nel cuore di tutti”.
Quali potrebbero – o a suo avviso dovrebbero – essere ora gli effetti di questa sentenza nel sistema politico italiano? Si riapre anche in Italia lo scontro sulla vita? “Una delle tesi fondamentali del Movimento per la Vita è la centralità politica del diritto alla vita. Che significa? Significa che il tema dell’aborto, in questo caso, non può essere relegato solamente nell’ambito della coscienza o della morale perché è questione sociale ed eminentemente politica, che tocca lo Stato di diritto, investe la democrazia, la laicità, la giustizia, i diritti dell’uomo”, risponde Casini Bandini.
“Non possiamo, però, pretendere tutto e subito”, conclude l’attivista pro-life. “Non rassegnarsi significa accettare l’inevitabile gradualità degli obiettivi di volta in volta perseguiti, nella logica del massimo bene raggiungibile ‘qui ed ora’. Si potrebbe cominciare con un impegno serio dello Stato a rimuovere le cause che inducono la donna ad abortire, a proporre soluzioni ai problemi, ad aiutare la donna durante la gravidanza. Tutte cose scritte nella legge 194 di cui mai le relazioni ministeriali hanno dato conto. Si potrebbe pensare ad una riforma dei consultori in modo da sottrarli alla logica abortista e renderli limpidamente a servizio della vita nascente e della maternità durante la gravidanza. Si potrebbe riconsiderare la proposta di modifica dell’art. 1 del codice civile affinché la capacità giuridica sia riconosciuta ad ogni essere umano sin dal concepimento. Si potrebbero poi annullare le linee di indirizzo del 2020 sull’aborto farmacologico mediante RU486 e prendere iniziative per evitare che l’aborto diventi un fatto sempre più banale e privatizzato”.
Tuttavia, è la conclusione di Casini Bandini, “la riflessione investe anche le pillole post-coitali (del giorno dopo e dei cinque giorni dopo). Ci vogliono tempo e pazienza. Ci saranno ostacoli e reazioni scomposte, ma continueremo a lavorare, a testimoniare, a mostrare la bellezza della vita che inizia nel concepimento e la meraviglia dell’abbraccio che per nove mesi unisce la mamma e il suo bambino. Un passo alla volta. Intanto si è rotto il silenzio imposto dalla cultura dominante e si è aperta la discussione. Questo è già un effetto positivo.”