Due scoperte scientifiche italiane in campo sanitario si annunciano importanti per il comparto cardiologico.
Le valvole cardiache umane possono infatti ammalarsi durante il corso della vita e richiedono, in molti casi, di essere cambiate. Le protesi utilizzabili sono per gran parte costituite di materiale biologico di provenienza animale, bovini e suini. Ma queste protesi valvolari biologiche, dette bioprotesi, possono deteriorarsi ed hanno una durata molto più bassa delle valvole originali finendo per dover essere sostituite anch’esse dopo dieci quindici anni dal loro impianto. Le due ricerche si sono concentrate proprio su questo deterioramento e sulle soluzioni per impedirlo.
La prima scoperta, pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica Nature Medicine, è un importante lavoro scientifico che il professor Emanuele Cozzi, immunologo docente alll’Università di Padova, ha condotto insieme a numerosi autori ed importanti istituzioni e centri di ricerca internazionali, coordinando la squadra del progetto europeo TransLink. Cozzi ha passato molti anni della sua brillante carriera a studiare i meccanismi di degenerazione e disfunzionalità delle bioprotesi. I ricercatori hanno ipotizzato e dimostrato in modo netto che gli anticorpi contro alcune molecole che sono presenti nel tessuto animale, usato per la fabbricazione delle bioprotesi che per contro non sono presenti nell’uomo, sono i responsabili dell’innesco di una reazione immunitaria che potrebbe provocarne il deterioramento attraverso fenomeni di calcificazione. Si tratta della molecola alpha-Gal, elemento su cui si innesta l’altra scoperta fatta da Biocompatibility Innovation, azienda che opera nel settore della ricerca biomedicale.
A guidare l’impresa i biologi Alessandro Gandaglia e Filippo Naso che, insieme a Ugo Stefanelli, hanno passato gli ultimi anni a studiare come impedire la degenerazione delle valvole cardiache di origine animale. BCI ha condotto importanti ricerche per studiare e mettere a punto una tecnologia per inattivare l’azione che l’alpha-Gal esercita nell’uomo dopo che le bioprotesi sono usate per sostituire le valvole originali dei pazienti, ottenendo importantissimi risultati in questo campo. BCI ha sviluppato la tecnologia FACTA, un pluribrevettato trattamento al centro dell’attenzione da parte di importanti colossi biomedicali americani e cinesi.
I risultati pubblicati su Nature si accompagnano perfettamente a quelli ottenuti da BCI ed indicano che le bioprotesi, una volta che l’alpha-Gal viene inattivato, possono essere meno inclini al deterioramento, avere una durata molto più elevata di quelle attuali ed essere anche usate in soggetti giovani che hanno un sistema immunitario più reattivo di quello degli anziani ed in cui le protesi cardiache falliscono a velocità molto più elevate sempre entro i 5 – 10 anni dal loro impianto. Con la tecnologia FACTA, invece, i tempi di durata delle protesi valvolari raddoppiano con un beneficio in primis per la salute dei pazienti, ma anche per il sistemi sanitari pubblici nazionali visto che la spesa annuale per la gestione di pazienti con protesi valvolari cardiache tra Europa e Stati Uniti è di circa 14 miliardi di dollari. “Tra Nord America ed il Vecchio Continente – spiega Alessandro Gandaglia – vengono impiantate circa 450.000 protesi all’anno ed entro il 2050 è previsto che ne vengano impiantate circa un milione, per via, principalmente, dell’invecchiamento della popolazione e del prolungamento dell’età media di vita. Con la nostra tecnologia FACTA, allungando il tempo di durata della valvola, potremmo raggiungere l’importante obiettivo di ridurre di circa il 25% questi costi sociali”.