Sono ben 250mila le unità di forza lavoro mancanti nel settore della ristorazione, tra accuse reciproche e una curva di domanda e offerta che si aggiorna troppo lentamente rispetto alle esigenze reali
Tra camerieri e cuochi, sono ben 250mila circa le unità di forza lavoro che mancano nel settore della ristorazione, per una crisi che affonda le radici in molteplici cause. Da una parte ci sono i datori di lavoro che accusano i dipendenti di essere degli scansafatiche e di preferire il “reddito di cittadinanza” al lavoro, dall’altra i lavoratori puntano il dito sulla retribuzione media ritenuta troppo bassa.
Fatto sta che non si riesce a trovare un punto d’incontro e alcuni ristoranti sono costretti a rinunciare all’apertura dell’ora di pranzo per mancanza di personale. Questo è solo uno dei tanti disagi che si stanno verificando e che si stanno accentuando con il periodo estivo delle vacanze.
Le cause della crisi
A incrementare il clima di tensione, poi, ci si mettono anche alcuni talk show, in cui le parti in causa si accusano vicendevolmente mostrando quanto siano distanti. Come in tutte le cose, la verità è sempre nel mezzo. Non c’è una parte in particolare che abbia più ragione dell’altra e in fondo si tratta di un fenomeno di portata globale. A New York ad esempio, se prima della pandemia il commesso di un negozio guadagnava in media 15 dollari l’ora, adesso questo è salito a 20: nonostante questo, però, anche lì non si trova il personale, a dimostrazione che non si tratti solamente di una questione economica. È anche vero comunque che in Italia non c’è stato questo aumento dei pagamenti, anche perché il rapporto tra domanda e offerta di lavoro è aggiornabile solo ogni 3 anni, ossia il lasso di tempo necessario per il rinnovo dei contratti nazionali. Insomma, un cane che si morde la coda.