Buoni pasto, una tregua apparente: sono ancora molti i punti di domanda

L’introduzione del tetto del 5% sulle commissioni a carico degli esercenti nelle gare per l’acquisto di buoni pasto non ha placato la polemica

Il nuovo limite introdotto per il settore pubblico sui buoni pasti è soltanto il primo passo di una riforma necessaria, ma con diversi nodi ancora da sciogliere, una quiete apparente dopo la tempesta, in attesa che vengano risolti alcuni problemi chiave.

Introdotto un nuovo tetto di commissione sui buoni pasto –

Non possiamo dimenticare che Mercoledì 15 giugno scorso, per ventiquattro ore, bar, ristoranti, ma anche supermercati, ipermercati ed esercizi del piccolo commercio non hanno accettato pagamenti tramite i buoni pasto, indicendo così il primo sciopero nazionale a causa delle alte commissioni bancarie.

Una situazione ancora poco chiara

La situazione dei buoni pasto rimane calda anche dopo l’approvazione della norma che fissa il tetto massimo del 5% delle commissioni a carico degli esercenti di bar, ristoranti supermercati e altre attività, nelle gare per l’acquisto dei buoni pasto destinati ai dipendenti pubblici. La novità approvata con il Decreto Aiuti lo scorso 14 luglio è servita a placare gli animi delle associazioni di categoria che, dopo anni di polemiche e proteste contro le commissioni sempre più alte applicate dagli istituti bancari, erano arrivate lo scorso 15 giugno a dichiarare una clamorosa e storica giornata di sciopero in cui non avrebbero accettato nessuna tipologia di ticket.

I motivi della protesta

I motivi della protesta che ha fermato i circuiti ticket restaurant in tutta Italia erano per via delle commissioni bancarie troppo elevate, le più alte d’Europa. Queste commissioni in media, infatti, ammontano a una somma compresa tra il 10% e il 20% del valore del buono: per una spesa di 10 euro, l’esercente ne incassa solo 8! I buoni pasto sono uno strumento vantaggioso per le aziende, che così non devono sobbarcarsi i costi di gestione di una mensa interna e che, dallo Stato, ottengono una serie di vantaggi fiscali. I dipendenti li utilizzano non solo per acquistare i pasti delle pause pranzo al ristorante o al bar, ma anche per pagare la spesa alimentare, in un periodo storico in cui i prezzi sono schizzati in alto per via dell’inflazione. E infine, i buoni, entro i 7 euro, sono esenti dalle tasse, mentre il denaro in più in busta paga non lo sarebbe.

Il tetto massimo del 5%

Con la novità introdotta con il decreto Aiuti, a partire dalla prossima gara per l’assegnazione dei buoni pasti per i dipendenti pubblici, le attività commerciali pagheranno una commissione massima pari al 5% per ogni ticket. Una modifica che al momento coinvolge soltanto le aziende del settore pubblico, ma è probabile che, come avvenuto in passato, l’adeguamento prenda piede anche nel settore privato. Una decisione che ha trovato il consenso della maggior parte delle associazioni del commercio e della ristorazione. “L’obiettivo, ricordano però le associazioni, è nel segnare una profonda discontinuità con le precedenti gare che hanno portato a commissioni addirittura superiori al 21% e rispondere al disagio di migliaia di imprese costrette a pagare una tassa occulta del valore di centinaia di milioni di euro per assicurare il servizio ai lavoratori che utilizzano ogni giorno il buono pasto”. Ora però analoghi provvedimenti devono essere presi anche per il privato anche se la crisi di Governo inevitabilmente rallenterà qualsiasi altra decisione in merito.

 

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