I transfughi grillini, che hanno lasciato il Movimento sperando di essere candidati dal Pd, restano col cerino il mano: Di Maio ha pensato a salvare solo sé stesso
“La vita riserva a volte delle gioie inaspettate. Una di queste è l’esclusione di gran parte dei voltagabbana dal prossimo Parlamento. In particolare, trovo esaltante la fine di moltissimi transfughi grillini, i quali hanno lasciato di recente la casa madre nella speranza di essere ricandidati in una coalizione capeggiata dal Pd…”. Lo scrive Maurizio Belpietro sul quotidiano La Verità. “Non so quali assicurazioni avessero avuto dal loro capopopolo, vale a dire Luigi Di Maio. Né sono a conoscenza di particolari garanzie fornite da Enrico Letta a sostegno della scissione grillina Tuttavia, scoprire che quasi tutti i fuoriusciti non li rivedremo né alla Camera né al Senato, è un buon motivo per dire che non tutte le giornate passano invano. Lo confesso: quando ieri sera ho cominciato a riflettere sulle conseguenze provocate dall’accordo fra Pd e Azione, ho perfino leggermente rivalutato Carlo Calenda. Alla fine, mi sono detto, non tutta l’arroganza viene per nuocere“.
Anche un tipo molesto e modesto come il leader di un partito che non c’è (esiste solo perché Emma Bonino gli ha prestato il simbolo, sennò il Churchill dei Parioli neppure potrebbe candidarsi), in fondo può rivelarsi utile. Escludendo la presenza di alcuni esponenti ex grillini nei collegi uninominali, di fatto l’accordo tra Calenda e Letta sbatte la porta in faccia alla maggioranza degli scappati di casa Grillo. Infatti, se i sondaggi che danno il nuovo partito del ministro degli Esteri sotto il 2 per cento saranno confermati, nessuno o quasi riuscirà a spuntarla. Per questo Di Maio, furbo come un giovane democristiano, prima ancora che fosse noto il diktat di Calenda nei confronti di verdi, pentastellati e sinistrati, si è affrettato a farsi garantire un posto sicuro in lista. Risultato, il suo partitino è già morto prima ancora di essere nato, mentre i suoi seguaci scompariranno un secondo dopo l’apertura delle urne.
Tanti gli esclusi da Toninelli alla Azzolina
Mica male per dei fuoriusciti che erano scappati in massa meno di due mesi fa al grido di si salvi chi può. A fine giugno, mentre fra i 5 stelle l’incertezza regnava sovrana, Di Maio capeggiò una rivolta dicendo di voler andare in soccorso di Mario Draghi. Peccato che nessuno si fosse preoccupato di avvisare l’ex governatore della Bce e, doppio peccato, che nemmeno uno dei fuoriusciti avesse calcolato gli effetti che l’addio avrebbe provocato. Come ebbe a dire un leader della sinistra, il ministro degli Esteri è riuscito nella non facile impresa di rianimare Giuseppe Conte, restituendogli un ruolo. Infatti, l’ex premier, scosso dall’abbandono di una cinquantina di grillini, si è subito preso la scena, guastandola al suo acerrimo nemico, ovvero l’uomo che un anno e mezzo prima gli aveva soffiato il posto. Senza la scissione capeggiata da Di Maio, quasi certamente non ci sarebbero state le dimissioni di Draghi, perché Conte sarebbe stato costretto a mediare tra le due anime del Movimento, quella governista-ministeriale e quella movimentista-conflittuale.
Allearsi con il Pd deve essere parso loro come il solo sistema per garantirsi un futuro, l’unico mezzo per non rimanere vittime del crollo grillino alle prossime elezioni. Invece, se tutto andrà per il verso giusto, la maggioranza dei voltagabbana pentastellati non sarà in lista e se capiterà ad alcuni di vedere il proprio nome, guadagnarsi l’elezione sarà più difficile che mai. Insomma, per una volta, i voltagabbana di fine legislatura rischiano di rimanere con il cerino in mano e di scottarsi le dita. Ovviamente, grillini ed ex grillini non sono i soli a rimanere esclusi. Molti camaleonti del Parlamento questa volta rischiano di rimanere al palo, a destra come a sinistra. L’impressione è dunque che non tutti i mali vengano per nuocere. Alla fine, anche questa crisi rischia di essere salutare, perché non solo Camera e Senato si ridurranno di un terzo, ma alcune facce probabilmente spariranno dal nostro orizzonte. Beh, pensate a Danilo Toninelli, ma anche a Lucia Azzolina e poi ditemi se anche voi non trovate motivo per gioire. P.s. La maggiore ragione di contentezza tuttavia è pensare che il prossimo Natale lo festeggeremo senza Speranza. Raccomandazione per il correttore di bozze: la S va maiuscola. So che la Speranza è l’ultima a morire, ma politicamente mi auguro che questa volta Speranza sia tra i primi a fare le valigie