Elezioni, i giovani capilista di Letta: piccoli antisemiti crescono nel Pd

Sempre più caos all’interno dei Dem, dopo il caso scoppiato a Roma, si ritira anche il candidato che negava la legittimità di Israele

C’è qualcosa di marcio nella sinistra italiana, scrive Libero, e non è roba antica né confinata alla sua estremità, visto che da lì vengono anche i giovani messi in lista da Enrico Letta, quelli che secondo lui dovrebbero indicare la strada ai progressisti di domani. Riguarda Israele, ma non solo. Come ha spiegato qualche anno fa (da sinistra) il professor Gadi Luzzatto Voghera, “l’antisemitismo è un linguaggio politico e una pratica (…) che attraversa anche la storia della sinistra e ne impregna frange consistenti“. È normale, per fare un esempio recente, che una scrittrice come Michela Murgia, senza destare scandalo, scriva “la penso come Hamas“. Ossia come il movimento palestinese che nel proprio statuto s’ impegna, “in nome di Allah il Clemente e Misericordioso”, a cancellare lo Stato di Israele e ad uccidere ogni ebreo, ovunque si trovi.

Il segretario
Benedetto Della Vedova (s), Emma Bonino e Enrico Letta nella sede di +Europa durante conferenza stampa congiunta PD/+Europa, (foto Ansa)

Il che fa della Murgia due tipi possibili di persona: una che parla di cose che non conosce (complimenti all’intellettuale) o una nazista, visto che l’unico altro documento in cui qualcuno presenta simili tesi è il Mein Kampf. Eppure nella sinistra che ogni giorno accusa di fascismo i propri avversari, anche solo per aver proposto un sistema istituzionale come quello statunitense o francese, nessuno s’ indigna per simili cose: tutto è concesso, tutto scivola via nell’indifferenza. La stessa faciloneria con cui Letta ha accolto nelle proprie liste, schierandoli in collegi sicuri (miracoli delle vituperate liste bloccate), personaggi come Raffaele La Regina e Rachele Scarpa, due delle giovani speranze di cui sopra.

Ecco chi sono i “giovani” della nuova sinistra italiana: spocchioso e antisemiti

Le scelte
Il segretario Letta con i giovani candidati del Pd, tra cui Raffaele La Regina (foto Ansa)

Il primo, candidato capolista in Basilicata e vicinissimo a Beppe Provenzano, vicesegretario del partito e punto di riferimento della sinistra del Pd, si è lasciato scappare su Internet di non riconoscere il diritto ad esistere dello Stato d’Israele: cose che capitano, ai compagni cresciuti negli ambienti sbagliati. Il problema è che chi la pensa così non dovrebbe arrivare in parlamento, almeno non “nominato” lì da una forza che ogni giorno pretende di dare lezioni agli altri in materia di lotta al razzismo. Così, dopo un imbarazzante tira e molla, il ragazzo è stato costretto a rinunciare alla candidatura per non creare ulteriori rogne a Letta, già inguaiato abbastanza con la Suburra romana.

Il sollievo del segretario del Pd è durato un istante. Quanto è bastato perché si sapesse come la pensa la Scarpa, candidata capolista alla Camera nel collegio di Venezia. Un anno fa, quest’ altra esponente della meglio gioventù pubblicava un post vibrante di sdegno per denunciare “il regime di apartheid di Israele“. Anche in questo caso, nel partito in cui milita, nessuno si era scandalizzato: accusare Israele di essere uno Stato parafascista, fondato sulla discriminazione razziale, fa parte del normale argomentare progressista. Al punto che gli autori di simili invettive possono essere trasportati a Montecitorio su una corsia preferenziale e indicati come modelli per gli altri militanti nel fiore degli anni, almeno finché qualcuno non se ne accorge e la comunità ebraica non insorge. E l’odio e i pregiudizi nei confronti di Israele sono solo una parte del problema. Perché poi c’è tutto il rapporto con la libertà d’impresa, dove i rigurgiti della dottrina marxista, quella che faceva della “lotta di classe” il motore della Storia, abbondano, ibridati ai fanatismi più recenti. Alcune frasi possono aiutare a capire la profondità del delirio: “Il capitalismo, come sistema economico intrinsecamente basato sulla disuguaglianza, è oppressivo per le donne, e il patriarcato dominante sostiene il capitalismo. Pertanto lottare per l’uguaglianza di genere senza combattere il capitalismo, che prospera sulla disuguaglianza, è inutile. (…) Da una prospettiva socialista femminista, non ci può essere una vera uguaglianza di genere sotto il capitalismo“.

Gestione cookie