Russia, ecco chi ha ucciso la figlia di Dugin

Secondo i servizi segreti russi, la responsabile dell’attentato è una donna che avrebbe affittato un appartamento nello stesso palazzo di Dugina

Trovato il colpevole. Anzi, trovata. I servizi segreti della Russia (Fsb) annunciano di “avere identificato la colpevole” dell’uccisione di Daria Dugina, figlia dell’ideologo e propagandista Aleksandr Dugin, avvenuta sabato sera con una bomba piazzata sotto il sedile della sua automobile. Si tratterebbe di una cittadina ucraina, Natalya Pavlovna Vovk, entrata in Russia con la figlia dodicenne il 23 luglio e scappata in Estonia subito dopo l’operazione.

Le parole del politologo americano Luttwak
Attentato alla figlia di Aleksandr Dugin (Ansa Foto)

La donna, che farebbe parte della Brigata Azov, il famigerato gruppo di soldati professionisti ucraini, avrebbe anche affittato un appartamento nello stesso palazzo della figlia di Dugin per sorvegliarla meglio, avrebbe guidato una Mini Cooper – alla quale ha cambiato tre volte la targa – e avrebbe agito per conto dei servizi segreti ucraini.

Troppi dettagli e troppi collegamenti con l’Ucraina

L'attentatrice
E’ Natalya Pavlovna Vovk la donna che avrebbe pizzato la bomba che ha ucciso la figlia di Dugin (twiter)

Tutto fin troppo dettagliato e studiato nei minimi dettagli. Sabato sera sarebbe andata assieme alla figlia al festival “Tradizioni”, dove avrebbe piazzato la bomba. L’annuncio non è verificabile in alcun modo ed è conveniente per il governo russo, ovviamente, che fin dalle prime ore ha incolpato l’Ucraina. Sia i servizi russi sia il governo di Mosca hanno alle spalle una lunga storia di annunci falsi per pilotare l’opinione pubblica. Ma tutto sembra combaciare alla perfezione, anche se c’è la possibilità che i vertici del governo ucraino non sapesse nulla.

Ci sono però dei dettagli aggiuntivi. I media russi sostengono che Vovk facesse parte del reggimento Azov, quindi del reparto militare nazionalista che i russi citano spesso nella propaganda come motivo per invadere e “denazificare” l’Ucraina. Da Kiev il politico russo Ilya Ponomarev dice di aver collaborato alla missione per portare in salvo la donna e sua figlia Sofia dalla Russia all’Ucraina attraverso il confine, ma sostiene anche che non c’entra nulla con l’omicidio. Ponomarev avrebbe agito, dice, come molte altre volte in passato su richiesta “dei nostri amici russi”, che è un’espressione che usa per indicare una rete segreta di oppositori del presidente Vladimir Putin.

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