Dall’Australia e dall’Argentina, dove ora è inverno, il messaggio arriva chiaro e tondo: naso tappato, mal di testa e ospedali pieni
Ma quale Covid, la sorvegliata speciale di quest’ anno sarà l’influenza. Premessa: il sars-cov2 circola ancora e (nonostante i numeri contenuti di ieri rispetto a un mesetto fa: 25.389 contagi per un tasso di positività al 14,6%) ignorarlo non servirà a nulla, scrive Libero. Men che meno a lasciarcelo definitivamente alle spalle. Però in autunno i dolori saranno altri. Saranno, cioè, naso tappato, mal di testa, tosse catarrosa: insomma, la classica influenza di stagione che per due anni e mezzo abbiamo schivato e che, ora, rischia di caderci sulla testa modello tegola. Chiedetelo ai medici di famiglia che, archiviato Ferragosto, non fanno che invitare a prenotare quel benedetto vaccino antinfluenzale che, da sempre, ci facciamo troppo poco: nel biennio 2021-22 (dati aggiornati a luglio) le punturine in questione sono diminuite del 20,5% in confronto al periodo precedente. Oppure chiedetelo agli australiani che, da settimane, sono alle prese col raffreddore (è inverno, dopotutto, da loro) e gli ospedali di Sydney e Canberra e Melbourne riescono a malapena a fronteggiare il ceppo 2022. Fanno fatica come quelli in Argentina, dove la situazione stagionale è la stessa.
Dall’altra parte del mondo, i casi hanno già superato la media degli ultimi cinque anni e l’andamento della curva dell’influenza va su come quella di Omicron a giugno da noi. “È un segnale d’allarme”, conferma Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute: “Quello che accade ora nell’emisfero australe si ripete qui a ottobre e a novembre“. “Se il covid potrà rialzare la testa in quelle che potremmo chiamare normali oscillazioni di una fase epidemica, in autunno soprattutto arriverà il problema dell’influenza“, gli fa eco il sottosegretario grillino alla Sanità Pierpaolo Sileri.
Non è da prendere sottogamba o alla leggera
Capito l’antifona? Covid e influenza sono due facce della stessa medaglia: solo che la prima oramai è in discesa (un po’ perché il picco di Omicron lo abbiamo superato, un po’ perché ci siamo vaccinati in massa e la copertura, almeno perla malattia grave, resta, un po’ perché non si può vivere in emergenza perenne), mentre la seconda, l’influenza, è tutta in salita. Della serie, toh chi si rivede. Perché tra il distanziamento, le mascherine e la vita sociale ridotta al lumicino, le annate del 2020 in avanti, su quel fronte, di starnuti ne hanno contati pochini.
Basandosi sull’esempio australiano gli esperti come Ricciardi non hanno dubbi: l’influenza “questo autunno si farà sentire, sarà più forte e darà problemi” nello stesso periodo in cui “la maggiore copertura vaccinale e la minore patogenicità del coronavirus ci portano a pensare che non ci sarà un boom di malati” di covid (Pino Liberti, infettivologo). Tra l’altro, inciso: l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha appena fissato per il primo settembre una riunione straordinaria per valutare le richieste di autorizzazione di due vaccini mRna specifici contro Omicron (di Pfizer e Moderna).