Il protocollo Speranza oggi mischia la carte, ma i dati di Remuzzi sono inconfutabili e chi vincerà le elezioni dovrà rimettere ordine
Forse, a mesi di distanza, occorre ricordare agli smemorati che clima fosse stato creato dal complesso mediatico-politico nei giorni più bui della pandemia. Nei riguardi delle voci dissenzienti l’intimidazione era la regola. Chiunque osasse dire in pubblico o, peggio, nel corso di un programma televisivo, che il governo stava commettendo sbagli, veniva trattato come un pericoloso sabotatore o un assassino. I conduttori inveivano contro gli ospiti, li insultavano, confezionavano con gusto servizi dalle terapie intensive. Non era consentito porre dubbi o ragionare sui dati. Il Corriere della Sera riporta gli ottimi risultati ottenuti dal professor Giuseppe Remuzzi e dai suoi colleghi sull’utilizzo di antinfiammatori per i pazienti Covid. Lo stesso Remuzzi, nell’ottobre del 2021, aveva spiegato al nostro giornale come il suo protocollo fosse efficace e potesse essere utilizzato dai medici di base.
Quando tentammo di farlo presente in alcune trasmissioni tv, fummo trattati come degli imbecilli da colleghi che ritenevano di essere unti dalla Scienza. Costoro gongolavano ripetendo che gli studi di Remuzzi non avevano coinvolto abbastanza soggetti per essere ritenuti attendibili. A nulla valeva far notare che, forse, in un momento di difficoltà ci si sarebbe potuti accontentare, e del resto anche i sieri erano stati approvati con procedura emergenziale. Niente da fare: pur di affossare le possibili cure, i giornalisti proni alla Cattedrale sanitaria erano disposti a tutto.
Il protocollo Covid non va bene, ma ci sono metodi che funzionano

Ora, platealmente sbugiardati, dovrebbero tacere e riflettere sul danno clamoroso che hanno contribuito a infliggere alla nazione, invece s’ intignano a gridare che lo stesso Remuzzi non ha mai criticato i protocolli ministeriali né ha mai consigliato di rifiutare i vaccini. In effetti, su questi ultimi punti (e solo su questi), i saputi colleghi non hanno torto, e qui sta parte del problema. Ci ricordiamo bene lo sdegno con cui furono accolte le prime esternazioni di Remuzzi.
Ci ricordiamo anche quali fossero le domande che gli venivano costantemente poste dagli intervistatori. Prima di poter iniziare a parlare delle cure, gli veniva richiesto l’atto di fede: doveva lodare le trovate di Speranza, elogiare i grandi risultati ottenuti dalle iniezioni. E solo alla fine, forse, gli facevano citare il protocollo. Viene da pensare che, forse, anche il professore un pizzico di convinzione in più avrebbe anche potuto esibirla, ma più probabilmente ha avuto ragione lui a comportarsi così: se avesse parlato solo di cure lo avrebbero probabilmente attaccato così violentemente da mettere a rischio la sua carriera. Comunque sia, se in passato il coraggio è mancato, da oggi in poi non può più mancare. Bisogna avere il fegato di andare a fondo alla questione Covid, di mettere le mani nella melma e far emergere tutte le schifezze che gli ultimi due esecutivi hanno tentato di seppellire. Partiti come Italexit e parlamentari come Claudio Borghi della Lega e Galeazzo Bignami di Fdi hanno chiesto di istituire commissioni d’inchiesta sulla gestione della pandemia. È un tema, questo, su cui non si può cedere: quello che è stato fatto deve venire a galla. Ed è un’ottima notizia che Giorgia Meloni, presidente del Consiglio in pectore per il centrodestra, abbia fatto sua la richiesta di creare una commissione di indagine ad hoc. «Uno studio dell’istituto Mario Negri pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet certifica che l’utilizzo di antinfiammatori riduce del 90% le ospedalizzazioni dovute al Covid», ha scritto ieri la Meloni citando il lavoro di Remuzzi.